Le stelle bresciane restano brillanti nella stagione del Covid

Dopo il Gambero Rosso tocca alla Michelin. In un anno tra i più difficili della sua storia, la ristorazione bresciana continua a brillare. Nonostante il Covid, le lunghe chiusure e l’inevitabile riduzione dell’accoglienza e della proposta, anche nell’edizione 2021 della Guida Michelin - presentata ieri in streaming - è stata infatti pienamente riaffermata l’eccellenza della tavola bresciana con la conferma di tutte le stelle per tredici ristoranti già premiati un anno fa.
Complessivamente le stelle guadagnate sono ancora una volta quindici, giacché a guidare la folta pattuglia della nostra provincia, tra le più beneficiate d’Italia, salgono, anche quest’anno con due prestigiose stelle ciascuno, il Miramonti l’altro di Concesio con lo chef Philippe Leveille e Villa Feltrinelli di Gargnano affidata all’estro di Stefano Baiocco. Sono loro innanzitutto a mantenere il primato nella ristrettissima cerchia dei templi del buon mangiare e del buon bere, una élite di soli 37 ristoranti in tutt’Italia ad appena un passo dallempireo delle tre stelle riservato pure per il 2021 a 11 indirizzi top.
Attorno a loro una costellazione di ristoranti distribuiti tra Garda, Franciacorta e Bassa, dove, anche in questa stagione crudele, cuochi e cuoche di generazioni diverse hanno saputo rispondere alla sfida, rinnovarsi e innovare, spesso nel segno d’una riuscita affidabile creatività. Michelin ha così voluto segnalare con la stella dell’eccellenza il Gambero di Calvisano, il Due Colombe di Corte Franca, l’Esplanade di Desenzano, Da Nadia a Erbusco, il Lido 84 a Gardone Riviera, la Tortuga e Villa Giulia a Gargnano, il Capriccio di Manerba, il Sedicesimo Secolo di Orzinuovi, il Leon d’oro di Pralboino e la Rucola 2.0 di Sirmione.
Una menzione a parte meritano poi 5 locali bresciani insigniti del Bib Gourmand per il buon rapporto qualità/prezzo (li trovate in tabella). Riconoscimenti mancati. La soddisfazione per tanti premi e così prestigiosi, mette forse in secondo piano la piccola delusione per tanti altri riconoscimenti che sono mancati. Come l’ulteriore passo innanzi di più d’una insegna - ad esempio Lido 84, preconizzato da molti critici, e non da oggi, a più alti livelli - o la prima stella per tanti chef giovani e meno giovani che hanno dimostrato di meritarla pur costretti a lavorare a scartamento ridotto nei mesi scorsi. Quest’anno, purtroppo, i passi avanti la Guida Michelin li ha riservati ad altre aree. A cominciare da tre ristoranti che hanno guadagnato due stelle: il D’O di Davide Oldani a San Pietro all’Olmo in provincia di Milano, il Santa Elisabetta con Rocco De Santis a Firenze e l’Harry’s Piccolo di Trieste affidato a Matteo Metullio, lo chef che aveva già raggiunto le due stelle alla Siriola di San Cassiano e, tre anni fa, ha scelto di ricominciare da zero in Friuli per stare vicino alla famiglia.
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