La primavera non è una stagione, è uno stato mentale

Nella collezione Paolo VI di Concesio c'è un dipinto che racconta questa condizione di mendicanti della primavera
Un albero in fiore lungo la strada che porta alla stagione calda - © www.giornaledibrescia.it
Un albero in fiore lungo la strada che porta alla stagione calda - © www.giornaledibrescia.it
AA

La primavera non è una stagione, è uno stato mentale. Ti chiama. Chissà, forse in ere dimenticate non c’era bisogno di fare altro che accoglierla senza pregiudizi. Ora bisogna sforzarsi di guardarla e, volendo, spiegare come fare a vederla a chi non riesce o non può. La annusi quando apri la finestra, una mattina a caso, e respiri. Si presenta senza avvisare e ha l’immenso potere di resuscitarti con una singola gemma.

E tu puoi andare comunque e dovunque, essere depresso e triste e problematico e ostile come sei, ma lei ti trova. Puoi far finta d’ignorarla ma lei occupa ogni centimetro della tua pelle e s’infiltra nel tuo Dna così stanco e demotivato che non vorresti veder mai finire l’inverno del tuo scontento. Eppure apri la finestra e l’albero prima invisibile ora è bianco di fiori e non puoi fare altro che arrenderti.

Stavi pensando ai mali del mondo e li hai ancora presenti. Non ti abbandonano mai e se ogni tanto ti distrai si ripresentano e se si allontanano li chiami indietro. Come se, quando la natura rinasce, ti sentissi in colpa. Perché non vuoi, perché non è il momento né il caso. Ma non puoi farci niente e accade il miracolo: senti (anche solo per un secondo, ma lo senti) il desiderio di lottare per lei, perché resista, perché continui. Ti fai domande. Sulla siccità, sull’estate, sul futuro. Sull’inquinamento, sulla miseria, sulle disgrazie. Ti senti oppresso da incertezza, sconcerto, paura. In una parola impreparato. Desideri la bella stagione ma insieme la temi.

L'istituto Paolo VI a Concesio - © www.giornaledibrescia.it
L'istituto Paolo VI a Concesio - © www.giornaledibrescia.it

C’è un dipinto nella collezione Paolo VI a Concesio che racconta questa condizione da mendicanti della primavera. S’intitola «Mentre le grandi acque d’Italia continuano a passare sotto i ponti della burocrazia e della retorica, fate la carità, o stranieri, di un po’ di carbone al povero operaio italiano». È un’opera di Mario Sironi, datata 1920. Possiamo fare tutti i distinguo del caso, ma il dipinto di questo artista tra i più importanti del Novecento italiano, ci rappresenta, eccome. L’acqua scarseggia, ma non tanto da impedire di annegare. Burocrazia e retorica prosperano come sempre. I ponti lasciamo perdere. Il carbone non è più di moda. Gli operai ci sono e non sono solo italiani. E il nostro paesaggio a marzo è una meraviglia come sempre.

Eppure, dopo più di cento primavere, siamo anime sole che cercano di farcela. Che combattono contro l’acqua che c’è o manca, contro la povertà, contro tutto. Ed è per questo che è nostro dovere amare la primavera, che addolcisce le nostre mancanze ma non le nasconde. Ed è proprio per questo motivo che dobbiamo addolorarci, perché non è concesso a tutti di viverla. Ed è per questo che dobbiamo custodirla, perché speriamo che porti conforto e custodisca i bambini - fosse anche uno solo - che un giorno daranno un senso e un futuro a queste piante piene di fiori.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato