La chiesa di Santa Maria della Rosa, storia di un piccolo Rinascimento

Simbolo e testimonianza di generazioni di persone che con disciplina e umiltà hanno edificato la loro piccola fortuna
Il chiostro della chiesa di Santa Maria della Rosa a Calvisano - Foto archivio Proloco Calvisano © www.giornaledibrescia.it
Il chiostro della chiesa di Santa Maria della Rosa a Calvisano - Foto archivio Proloco Calvisano © www.giornaledibrescia.it
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Calvisano, patria del caviale, c’è una chiesa che non t’aspetteresti, per com’è e per quello che contiene. Santa Maria della Rosa, misconosciuta gioia, tutta decorata da affreschi. Alcuni belli, altri di più.

Non c’è un ciclo pittorico, ma tante pitture, che a volte nei soggetti si assomigliano, eseguite tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento da mani diverse. I committenti erano i paesani, persone benestanti che, volendo lasciare sulla pareti una testimonianza della propria gratitudine, facevano a gara nel chiamare bravi pittori, i quali un po’ si copiavano a vicenda, ma ognuno cercava di aggiungere un tocco in più, un’idea migliore, un guizzo imprevisto.

Su questi muri leggi la storia di un piccolo Rinascimento. Tre affreschi in particolare attraggono lo sguardo. Il primo è sulla parete destra e si riconosce subito, perché parla da sola. Un Cristo su sfondo nero, affaticato ma non sconfitto. Poi, sulla sinistra entrando, una deposizione con una Maddalena bionda con le braccia sollevate in un attimo di disperazione e subito dopo un affresco con il Padre e il Figlio che hanno lo stesso giovane volto.

L'interno della Chiesa di Santa Maria della Rosa - Foto archivio Proloco Calvisano © www.giornaledibrescia.it
L'interno della Chiesa di Santa Maria della Rosa - Foto archivio Proloco Calvisano © www.giornaledibrescia.it

Qui dentro non si fa nessuna fatica a immaginare gli antichi committenti. Li vedi tutti con il loro look cinquecentesco mentre assistono alla funzione della domenica e sbirciano fieri gli affreschi da loro voluti, recanti in calce scritte e dediche. Se ti concentri un po’ riesci a materializzare generazioni di persone che, con disciplina e umiltà, hanno edificato la propria piccola fortuna, non senza sapere cosa significhi soffrire.

Dopo i tempi di gloria questi affreschi furono imbiancati con la calce in epoca di pestilenze, la chiesa rimase abbandonata a se stessa e le decorazioni lignee sono al Vittoriale perché Gabriele D’Annunzio, passando di qui, se ne innamorò e, per evitarne la distruzione, le portò a casa. Il chiostro è una delicata sorpresa, proprio come il resto. Santa Maria della Rosa è il retaggio lasciato da anime operose e modeste, capaci di arrangiarsi da sole, di avere idee geniali ma anche di sostenersi a vicenda nelle difficoltà. È stata costruita da una comunità che aveva in sé qualcosa di buono in tutti i sensi. Quella comunità è ancora lì. Come allora fa grandi cose con discrezione, creando quella silenziosa meraviglia che è la grandezza in punta di piedi.

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