Ambiente

Da Montichiari a Calcinato, reportage nella pattumiera d'Europa

Una concentrazione di cave e discariche senza uguali da 25 milioni di metri cubi di rifiuti. Rischi per la salute e per l'ambiente
Loading video...
Un immondezzaio senza eguali: 25 milioni di mc di rifiuti in 40 km quadrati
AA

La Bassa Bresciana Orientale si anima presto la mattina e con il favore del buio decine di camion lasciano la Sp236 per imboccare le vie polverose che portano nelle aree di cava o alle discariche. Ogni giorno si contano fino a cento, duecento e anche trecento mezzi pesanti, migliaia di autocarri che entrano carichi di rifiuti o escono colmi della pregiata ghiaia di cui si compone quell’angolo di brughiera, divenuta negli anni una miniera d’oro per il settore delle costruzioni. 

Territorio agricolo fino a metà anni ‘70, la campagna a est di Montichiari e Calcinato, 37 mila abitanti complessivi, è divenuta, immediatamente dopo il boom edilizio, il luogo dove far convergere rifiuti di ogni natura: il 76% di quelli lombardi - secondo il rapporto sui rifiuti speciali pubblicato nel 2016 dall’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - e gran parte di quelli italiani. Inizialmente il territorio ha fatto gola ai cavatori, per l’ottima ghiaia da cui è formato - ancora oggi oggetto di interesse da parte di molte aziende - per poi diventare il luogo più ambito dove tombare rifiuti. Negli ultimi 38 anni, cioè dopo l’emanazione del Dpr 915/1982 che per la prima volta ha normato nel nostro Paese lo smaltimento dei rifiuti speciali, in un’area di circa 40 km quadrati tra Montichiari, Calcinato e Bedizzole, sono stati interrati più di 25 milioni di metri cubi di rifiuti. Una quantità spaventosa di scorie accumulate in modo del tutto legale, che ha dato vita a decine di colline squadrate che rompono il monotono paesaggio della pianura bresciana, parallelepipedi coperti da teli verdi o erba collocati a poche centinaia di metri dalle abitazioni. Di questi 25 milioni di metri cubi di rifiuti, 7,5 sono tombati in sei discariche messe una accanto all’altra, distanti meno di un chilometro da Vighizzolo: Pulimetal, Gedit, Edilquattro, Inertis, Ecoeternit e Valseco.

Fino al 1982, però, la pratica di sotterrare gli scarti è avvenuta in modo illegale e nella zona di Montichiari si stima ci siano almeno undici vecchi siti abusivi, dei quali uno già bonificato, la cava Bonomi, e almeno tre che attendono di essere risanati: la cava Baratti, contenente 39 mila metri cubi di rifiuti speciali pericolosi e tossico nocivi; la cava Accini, 17 mila metri cubi di inerti e la cava Bicelli, 23 mila metri cubi di rifiuti speciali pericolosi e tossici. Almeno quattro sono poi le discariche illegali individuate nella campagna di Calcinato (sul tracciato del Tav), dove si stima ce ne siano molte di più.

Dal 1982, in modo del tutto lecito, riempire le buche con gli scarti è diventato il modo più semplice e utile a tutti per sbarazzarsene. Un business molto proficuo soprattutto per i privati ma anche per le amministrazioni pubbliche, le cui casse sono state generosamente rimpinguate dai cavatori che, ad un certo punto, anziché ripristinare ambientalmente le aree da cui era stata prelevata la terra come avrebbero dovuto fare secondo convenzione, hanno ceduto le cave alle aziende di trattamento dei rifiuti, quando non a se stessi: cavatori prima, smaltitori poi. Una pratica facilitata anche dalla legge che fino a pochi anni fa tra il ripristino dell’area e la nascita di una discarica privilegiava quest’ultima, sia per la scarsa sensibilità ambientale, sia per la necessità di trovare un luogo dove sistemare i rifiuti.

«Il territorio di Montichiari è oggettivamente compromesso e quanto successo in quell’area è l’esempio lampante di una politica fatta negli anni passati, poco rispettosa dell’ambiente». Fabio Cambielli è stato nominato direttore di Arpa Brescia nel luglio del 2020 e appena insediato è stato chiamato dal sindaco di Montichiari, Marco Togni, per un confronto. Ha voluto vedere con i propri occhi il disastro annunciato: «La concentrazione di cave e discariche in quell’area è unica in Italia e credo in Europa. Metterne così tante una vicina all’altra - afferma - è stato sbagliato, frutto di una politica che ha trascurato completamente la tutela ambientale».

Pensiero condiviso dal sindaco di Montichiari, nato, cresciuto e oggi residente a Vighizzolo, frazione del paese assediata dalle discariche: «Chi ha autorizzato questi impianti, ai tempi, non ha considerato l’impatto cumulativo. Mettere le discariche una vicina all’altra, separate solo da una rete metallica, è stato sbagliato. Gli stessi titolari delle discariche si erano opposti».

Un giudizio senza appello, insomma, di quanto successo in un periodo ben preciso nella brughiera di Montichiari e Calcinato, nota ai più come «discarica d’Europa» o «terra dei buchi», ma non da ultimo anche come «nuova terra dei fuochi», definizione che richiama alla mente l’area della Campania, a cavallo tra la provincia di Napoli e quella di Caserta, epiteto meritato dopo vari incendi scoppiati anche in alcune discariche del Bresciano, oggetto d’attenzione della commissione bicamerale d’inchiesta sulle Ecomafie.

 

Montichiari, quando il rifiuto diventa oro

EMBED [Discariche e cave hanno devastato il territorio di Montichiari]

Quantificare i soldi incassati in questi quasi quarant’anni dal Comune di Montichiari non è semplice. Abbiamo chiesto i bilanci ma senza successo. Siamo riusciti solo a recuperare un documento presentato in occasione di un consiglio comunale all’inizio del 2010, secondo cui dal 1995 al 2009 gli introiti dei diritti di escavazione sono stati 3.107.658 euro, briciole se confrontati con le «decine di milioni di euro - dice il sindaco Togni - arrivati nel corso degli anni dai discaricatori». Ma c’è qualcosa che, al di là del denaro liquido, si può toccare con mano, anche adesso. Nel tempo, infatti, le comunità locali sono state allettate dai privati con infrastrutture pubbliche, donazioni ed elargizioni di vario tipo, sulle quali spiccano in particolare quelli della Systema Ambiente Srl, impresa di cui è titolare Monica Cerroni, figlia dell’avvocato Manlio Cerroni, che si autodefinisce «il re della monnezza», proprietario della discarica Malagrotta di Roma.

Alla Systema fanno riferimento le discariche Pulimetal (2,2 milioni di metri cubi di rifiuti assimilabili agli urbani), la Valseco 1 e la Valseco 2 (complessivamente 2,7 milioni di metri cubi di rifiuti speciali pericolosi e tossico-nocivi), Montiriam 1 e Montiriam 2 (in tutto 600mila metri cubi di rifiuti speciali pericolosi e tossico nocivi). Cinque milioni e mezzo di metri cubi di scarti tombati in un lembo di terra, che corrispondono a diverse decine di milioni di euro di incassi, che hanno avuto come contropartita, per esempio, la scuola materna di Vighizzolo, costruita dalla Systema a metà anni ‘90 a ottocento metri di distanza dalla discarica Pulimetal, accanto alle elementari balzate agli onori della cronaca il 17 ottobre 2016, quando una decina di alunni finirono in ospedale per intossicazione da monossido di carbonio.

Ci sono poi il centro sportivo di Montichiarello, dove si allenano le giovanili dell’Inter, e il distaccamento della Polizia Stradale sempre donate dalla Systema, oltre ai circa 200 mila euro offerti per diversi anni al comune di Montichiari per la festività di San Pancrazio, patrono del paese. Un metodo, quello delle compensazioni, comune a quasi tutte le imprese del settore: c’è la Tac regalata dalla Gedit all’ospedale di Montichiari, le palestre per le scuole e i tanti parchi giochi dei giardini pubblici, costruiti dai cavatori, insieme alle innumerevoli rotonde che contraddistinguono la circolazione del paese. A tutto questo si aggiungono poi i denari liquidi derivanti dalle convenzioni, che hanno consentito al Comune di acquistare da una fondazione il castello di Montichiari che fu del conte Bonoris e costruire i vari impianti sportivi di cui pullula la cittadina, tutte opere che oggi però, senza più i ricavi di un tempo, vanno comunque mantenute, con grave disagio per le casse comunali.

«Quest’anno - dichiara Togni - a bilancio entreranno circa un milione di euro dai discaricatori. Poca roba. Il nostro bilancio è passato dalle svariate decine di milioni di euro degli anni passati, agli attuali diciannove circa». Una beffa, aggravata dalla situazione attuale: chi oggi paga, sta chiedendo al Comune di ridurre quanto stabilito dalle convenzioni perché a causa del lockdown imposto dal Governo per contrastare la diffusione del coronavirus, si sono ridotti i rifiuti da smaltire. «Quando fra qualche anno le discariche ancora attive chiuderanno - conclude Togni - il nostro comune sarà ulteriormente in sofferenza. Mantenere tutto questo senza dover in futuro aumentare le tasse ai cittadini sarà un vero miracolo»

Oro sopra, rifiuto sotto. Il risvolto della medaglia è sotto gli occhi di tutti: intorno a Montichiari, con le prime discariche a circa 800 metri di distanza dalle abitazioni, nella frazione di Vighizzolo, sono tombati 12.183.870 metri cubi di rifiuti di ogni genere: pericolosi, non pericolosi, tossico nocivi. In pochi chilometri quadrati, in tredici discariche legali e autorizzate, sono interrati rifiuti industriali, ceneri e fanghi di depurazione, lastre di eternit, materiali di scarto d’ogni sorta, che hanno generato nella bassa campagna monteclarense, decine di colline alte una quindicina di metri, ricoperte da teloni e terra. Cumuli di scarti che hanno prodotto un fiume di denaro difficile da quantificare derivante da un business che fa gola a tanti: i proprietari delle discariche incassano per lo smaltimento di una tonnellata di rifiuti tra i 70 e i 120 euro e quanto ce ne stia in un metro cubo, varia a seconda del tipo di scarto.

 

Sos Terra: arriva il fattore di pressione

La concentrazione delle discariche a ridosso di Vighizzolo
La concentrazione delle discariche a ridosso di Vighizzolo

«Il miglior risultato che abbiamo ottenuto in questi dieci anni è, forse, l’aver contribuito a far nascere nella popolazione una coscienza ambientale, che prima non c’era». Gigi Rosa è il presidente di SoS Terra Montichiari, associazione nata il 7 marzo del 2010, in modo quasi spontaneo. «Quell’anno - ricorda - fu presentato il progetto di un inceneritore da realizzare in zona Fascia d’Oro e francamente ci sembrò davvero troppo. Ci unimmo, una decine di famiglie, per sbarrare la strada a quell’impianto e lo fermammo». Per loro, sentinelle della salute degli abitanti e della salvaguardia dell'ambiente, questa fu la prima di una lunga serie di vittorie che arriveranno successivamente, risultato di un lavoro quotidiano, senza orari, ferie, né giorni di permesso. Un presidio costante, fatto di pattugliamenti, sopralluoghi, telefonate e denunce. Tante. In questi dieci anni i loro esposti hanno avuto quasi sempre un risultato, con multe ai proprietari delle discariche, se non addirittura uno stop agli impianti, come avvenuto per la discarica Ecoeternit nel 2012, quando, dopo la denuncia dei residenti, dalle indagini risultò che il materiale conferito in discarica non era trattato in modo regolare. Concessione sospesa.

Gigi Rosa è tra i fondatori dell'associazione SoS Terra - Foto © www.giornaledibrescia.it
Gigi Rosa è tra i fondatori dell'associazione SoS Terra - Foto © www.giornaledibrescia.it

«In quegli anni - aggiunge Rosa - la nostra vita era diventata un inferno. Almeno fino al 2015 per noi era impossibile tenere le finestre di casa aperte o anche mangiare fuori e trascorrere un po’ di tempo in giardino. La puzza di spazzatura era insopportabile. Dovevamo fare qualcosa». Così gli abitanti di Vighizzolo, supportati dal Comune, si affidarono alla società Algebra dell’ingegner Giuseppe Magro, presidente di Iaia Italia, Associazione Internazionale di Impatto Ambientale, che redasse uno studio ambientale, frutto di un lavoro durato quasi due anni, che fu consegnato alla Regione Lombardia e dal quale prese corpo l’indice di pressione

Nel Piano regionale dei rifiuti, approvato nel 2014 dalla Regione fu inserito un limite alla realizzazione di nuove discariche o ampliamento di quelle esistenti, che inizialmente era di 160 mila metri cubi di rifiuti per chilometro quadrato. Un indice rivisto poi in modo sempre più stringente con una disposizione di Giunta, dgr 7144/2017, che ha fissato due vincoli: il primo, il cosiddetto fattore di pressione areale, identifica il volume massimo di rifiuti conferibili in discarica su un territorio di 78 chilometri quadrati, vale a dire l’area della superficie compresa nel raggio di 5 chilometri intorno al potenziale bacino di smaltimento rifiuti. Il fattore in questo caso è passato da 160 mila a 64 mila metri cubi di rifiuti per chilometro quadrato. Il secondo, l’indice di pressione comunale, invece, è sceso a 145 mila metri cubi per chilometro quadrato. Nelle procedure di valutazione basterà il superamento di uno solo dei due valori per bloccare i progetti di siti per lo smaltimento di scorie. Da quell’anno, infatti, non sono più state autorizzate discariche su un territorio già martoriato, Montichiari e Calcinato, dove però le preoccupazioni non mancano.

«Questo indice - spiega Luciano Gerlegni, presidente di Legambiente Montichiari - non ferma infatti gli impianti di lavorazione dei rifiuti. Per la cava dove Padana Green voleva realizzare una discarica, bocciata dal Tar, per esempio, è già stato depositato in Provincia un progetto per costruire uno di questi impianti. Il timore - conclude - è che in questa zona possano comunque nascerne altri che non condurranno a quella mitigazione di tipo naturale di cui ci sarebbe bisogno: piantumazioni e coltivazioni che possano ridurre l'inquinamento». Altra preoccupazione, di cui ci occuperemo più avanti, riguarda l’invecchiamento delle discariche, che col passare degli anni si deteriorano rappresentando per terreni e falde vere e proprie bombe ecologiche.

 

Calcinato e Bedizzole, una storia che si ripete

  • La Green Up (ex Faeco) di Bedizzole: 3,5 milioni di mc di rifiuti
    La Green Up (ex Faeco) di Bedizzole: 3,5 milioni di mc di rifiuti
  • La Green Up (ex Faeco) di Bedizzole: 3,5 milioni di mc di rifiuti
    La Green Up (ex Faeco) di Bedizzole: 3,5 milioni di mc di rifiuti
  • La Green Up (ex Faeco) di Bedizzole: 3,5 milioni di mc di rifiuti
    La Green Up (ex Faeco) di Bedizzole: 3,5 milioni di mc di rifiuti
  • La Green Up (ex Faeco) di Bedizzole: 3,5 milioni di mc di rifiuti
    La Green Up (ex Faeco) di Bedizzole: 3,5 milioni di mc di rifiuti
  • La Green Up (ex Faeco) di Bedizzole: 3,5 milioni di mc di rifiuti
    La Green Up (ex Faeco) di Bedizzole: 3,5 milioni di mc di rifiuti

Le discariche Edilquattro e Specialrifiuti sono separate da meno di 900 metri e tra le due, spostando lo sguardo verso ovest, da qualche settimana la società Vezzola Srl ha iniziato a cavare una nuova fossa, su un’area di circa 40 mila metri quadrati. Le due buche colme di scorie - 871 mila metri cubi di inerti la prima e rifiuti speciali pericolosi la seconda (pile esauste, farmaci scaduti, lampade al neon, impianti elettrici e olii) - sono ubicate una nel comune di Montichiari e l’altra in quello di Calcinato, separate, appunto, da meno di un chilometro. Cave e discariche non distinguono i confini amministrativi e, in assoluta continuità, occupano spazio e segnano il territorio lasciando profonde e indelebili cicatrici. «Viviamo in una zona pianeggiante - spiega Laura Corsini del Comitato Cittadini di Calcinato - e questo ha favorito l’incremento della viabilità, con la nascita di strade statali, tangenziali, l’Autostrada A4 e adesso anche il Tav. Tutto questo ha incrementato la nascita di cave e quindi di discariche». A ridosso delle frazioni di Calcinatello e Ponte San Marco sono tombati poco più di 9 milioni di metri cubi di rifiuti di ogni genere, ma tanti altri sono i cumuli di scarti sotterrati e non censiti, ante norma 1982, alcuni dei quali stanno emergendo con gli scavi in atto per la costruzione del tracciato del Treno ad alta velocità: sono le ex cave Lucetti, Bianchi, Sigurtà e Gabana, divenute nel tempo discariche illegali, tutte da bonificare.

Nel comune di Calcinato sono attivi ancora due grandi impianti: la discarica Calcinato, autorizzata per 4,6 milioni di metri cubi di rifiuti e la Gedit, che nel 2017 ha ottenuto con delibera regionale l’autorizzazione ad aggiungere al milione e due di rifiuti conferiti, altri 600 mila metri cubi di scarti pericolosi e non, in deroga all’indice di pressione in quanto la richiesta era antecedente alla norma regionale. Aspetto quest’ultimo molto dibattuto, i cui esiti dal punto di vista della giustizia amministrativa sono cambiati. È il caso della Castella 2 a San Polo e di Padana Green, dove il Consiglio di Stato per la prima e il Tar per la seconda, nel 2020 hanno negato l’ampliamento delle discariche anche se le richieste depositate in Provincia di Brescia erano precedenti al 2014, cioè prima dell’entrata in vigore del Piano regionale dei rifiuti che ha introdotto il fattore di pressione.

Dopo anni di abbandono, ha trovato quindi una destinazione la ex cava Ocra posta accanto alle due vasche della discarica di Aprica, contenenti 2.552.612 di metri cubi di rifiuti solidi urbani (rsu). Il buco di 10 mila metri quadrati della cava Ocra, profondo circa 40 metri, sarà riempito con le rocce da scavo del Tav: 56.600 metri cubi di materiale che garantiranno al Comune di Calcinato un incasso pari al volume: 1 euro a metro cubo.

La cava Ocra di Calcinato che conterrà i rifiuti dei cantieri della Tav - Foto © www.giornaledibrescia.it
La cava Ocra di Calcinato che conterrà i rifiuti dei cantieri della Tav - Foto © www.giornaledibrescia.it

A poca distanza dalla Gedit, al confine con Calcinato, nel territorio di Bedizzole, insiste un’altra discarica attiva, la Green Up, ex Faeco, autorizzata per 3,5 milioni di metri cubi di fluff, rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi derivanti dalla frantumazione di autoveicoli. La ex Faeco è stata oggetto di interesse da parte della commissione bicamerale d’inchiesta sulle Ecomafie per quattro incendi dolosi avvenuti nell’impianto negli ultimi tre anni. 

 

Rischi ambientali e sanitari: il lavoro di Arpa e Ats

La situazione della brughiera di Montichiari è un unicum a livello nazionale e, probabilmente, in Europa non esiste un sito inquinato dai rifiuti così vicino ai centri abitati. Vale la pena ricordare che a circa 800 metri dalla Gedit e dalla Pulimetal, per esempio, (complessivamente 3,1 milioni di metri cubi di rifiuti pericolosi e non pericolosi) ci sono la scuola elementare e la scuola materna di Vighizzolo, frazione abitata da 2 mila residenti; mentre a meno di un chilometro dalla Green Up (ex Faeco) a Bedizzole (3,5 milioni di tonnellate di fluff) insiste l’abitato di Ponte San Marco. Essendo gli impianti relativamente giovani e alcune discariche ancora attive, calcolare in modo scientifico i rischi che corrono sia l’ambiente, sia i cittadini è molto difficile e al momento si possono fare solo ipotesi. Anche per questo la salute della popolazione e la tenuta degli impianti che ospitano i rifiuti sono costantemente monitorati dalle due Agenzie regionali, Ats e Arpa, con costi che ricadono su tutti i cittadini. 

 

Malattie respiratorie e «prematurità grave»

  • Basta veleni: una fiaccolata a Vighizzolo
    Basta veleni: una fiaccolata a Vighizzolo
  • Basta veleni: una fiaccolata a Vighizzolo
    Basta veleni: una fiaccolata a Vighizzolo
  • Basta veleni: una fiaccolata a Vighizzolo
    Basta veleni: una fiaccolata a Vighizzolo
  • Basta veleni: una fiaccolata a Vighizzolo
    Basta veleni: una fiaccolata a Vighizzolo
  • Basta veleni: una fiaccolata a Vighizzolo
    Basta veleni: una fiaccolata a Vighizzolo
  • Basta veleni: una fiaccolata a Vighizzolo
    Basta veleni: una fiaccolata a Vighizzolo
  • Basta veleni: una fiaccolata a Vighizzolo
    Basta veleni: una fiaccolata a Vighizzolo

L’Osservatorio epidemiologico dell’Agenzia per tutela della salute di Brescia, sull’onda dell’allarme sociale suscitato dalle esalazioni odorose denunciate dagli abitanti e per sondare i rischi della vicinanza delle discariche ai centri abitati, nel 2016 ha effettuato due studi specifici: uno sugli abitanti della frazione di Vighizzolo e un altro sui cittadini della frazione di Calcinatello.

Dagli studi è emerso, in particolare nella frazione di Calcinato, un eccesso di mortalità nei maschi per tumori maligni di laringe, trachea, bronchi e polmoni, con un aumento, rispetto alla media di Ats di ben il 55%. In generale quello delle malattie respiratorie riguarda l’intera popolazione, giovane e anziana. Per le persone con più di 65 anni, si legge, «esiste un cluster che coinvolge Montichiari e alcuni comuni tra cui Calcinatello, che presentano un eccesso di ricoveri per patologia respiratoria nella popolazione anziana».

Dato che purtroppo si ripete anche nei bambini, sia di Vighizzolo (+44,4%) sia di Calcinatello (+22,7%), per i quali dall’indagine è emerso «un maggior tasso di ricoveri per malattie respiratorie rispetto alla media di Ats». Un risultato allarmante riconducibile in questo caso all’inquinamento ambientale (e non al fumo, come potrebbe essere per gli anziani). Un dato che Ats non sottovaluta, chiarendo in entrambi gli studi che «il maggior accesso al pronto soccorso per malattie respiratorie nei bambini deve essere monitorato con attenzione e cautela». Ma c’è qualcos’altro che spaventa di più le autorità sanitarie locali, riconducibile in questo caso ai soli abitanti di Vighizzolo: la maggior incidenza di prematurità nelle partorienti, più elevata del 62% rispetto alla media di Ats Brescia. L’Agenzia parla «in particolare di prematurità grave», un dato che seppur basato su piccoli numeri «deve essere monitorato con attenzione - si legge - perché è uno degli eventi riproduttivi avversi indicati dalla letteratura scientifica tra gli indicatori più sensibili in caso di esposizione ad inquinanti da discarica».

«Questo ultimo aspetto - spiega Michele Magoni, responsabile dell’Unità operativa di Epidemiologia dell’Ats di Brescia - ci ha spinto a realizzare un Registro malformazioni e degli aborti spontanei, in collaborazione con l’Istituto dei tumori di Milano. Ci stiamo lavorando e servirà per raccogliere dati che oggi non abbiamo per poter avere qualcosa di più definito. Per il nostro studio - aggiunge Magoni - noi siamo andati a prendere i dati del Cedap, il certificato di assistenza al parto, ma le malformazioni spesso, se non sono gravi, vengono riconosciute successivamente». Gli approfondimenti epidemiologici cui Ats sta lavorando sulle popolazioni di Montichiari e Calcinato sono stati in parte sospesi a causa dell’emergenza sanitaria da coronavirus.

 

Arpa: «Le discariche invecchiano». I rischi per la falda

«Una discarica è per sempre. Col passare del tempo invecchia e quello che succederà tra qualche anno non possiamo saperlo. Di certo questi siti si deteriorano e per questo sono costantemente monitorati». Con questa amara riflessione, Fabio Cambielli, direttore dell’Arpa di Brescia, non nasconde una certa preoccupazione rispetto alla situazione ambientale dell’area di Montichiari. Si parte anzitutto da una considerazione: nonostante il rispetto della legge nel tombare i rifiuti e l’isolamento regolare di una discarica con tanto di argilla impermeabile e teloni, non si hanno certezze sulla durata di questi impianti. I proprietari delle discariche, una volta finiti i conferimenti e chiuso ermeticamente il sito, devono lasciare una fideiussione di trent’anni, per ripagare eventuali danni ambientali.

«A noi - aggiunge Cambielli - tocca monitorare periodicamente gli impianti, cosa che ci toccherà fare per sempre. Tutti quei materiali impiegati per isolare le discariche e trattenere i rifiuti dalle matrici ambientali, in qualche modo tenderanno a deteriorarsi e sarà quindi necessario un controllo con frequenza sempre maggiore. Controllare i piezometri, i pozzi che arrivano in falda e accertarci che non ci siano perdite di veleni. Fermo restando - aggiunge - che la falda non è ferma: è come un fiume sotterraneo che scorre portando con sé quello che incontra».

Il campanello d’allarme è dato dai problemi che negli anni non sono mancati e, come riportato in un documento diffuso dal Comune di Montichiari nel corso di un incontro nel 2018, le criticità soprattutto nell’ambito estrattivo Ate 43, sono evidenti. Dal monitoraggio delle acque di falda è emerso un supero dei Csc (concentrazione soglia di contaminazione) per il parametro di Tetracloroetilene nei piezometri a monte e a valle sia della discarica Gedit, sia della Pulimetal. Stesso discorso per il sito della Ecoeternit e per quello della Valseco con la falda inquinata da idrocarburi, sodio, potassio e ferro. Problematica è poi la situazione delle due discariche Montiriam, dove si sono registrati superi di diversi inquinanti tra i quali tricloroetilene, triclorometano, alifatici clorurati cancerogeni. «È di tutta evidenza - si legge nel documento che riporta dati aggiornati anche a marzo 2018 - lo stato preoccupante della prima falda».

Situazione del tutto simile si ripresenta dal monitoraggio della falda sottostante i siti di Calcinato e Bedizzole, dove le criticità derivanti dal percolato non sono mancate. A preoccupare i residenti si sono aggiunti poi negli ultimi anni i tanti incendi dolosi che hanno interessato alcune discariche: la Specialrifiuti, che ha preso fuoco per ben tre volte tra il 2016 e il 2017, e la ex Faeco, oggi Green Up, che per quattro volte è stata incendiata, attirando l’attenzione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle Ecomafie.

 

Conclusioni

In questa inchiesta ci si è concentrati volutamente su alcuni siti, rispetto ai tanti altri che circondano l’area oggetto di questo lavoro, situati nei comuni di Ghedi, Montirone, Castenedolo o Mazzano. Anche per il territorio di Bedizzole, è stata presa in considerazione solo la discarica Green Up. La ragione sta nel voler evidenziare la concentrazione di impianti ubicati in pochi chilometri quadrati, molto vicini tra loro e posti a ridosso dei centri abitati. Da qui la scelta, appunto, di considerare la discarica Green Up, 3,5 milioni di metri cubi di rifiuti sistemati a ridosso di Ponte San Marco, frazione di Calcinato, il cui territorio è interessato da altri 10 milioni di metri cubi rifiuti interrati. A questi, poco distanti, si aggiungono i 12 milioni di metri cubi tombati nel comune di Montichiari. Si arriva così a circa 25 milioni di metri cubi di rifiuti sotterrati nella pianura della Bassa Orientale, in un lembo di terra circondato da case, frazioni e paesi, non distanti dal comune di Castenedolo dove, assente l’indice di pressione, pare si stia spostando l’interesse dei proprietari delle discariche.

Per contrastare questa ipotesi ed evitare che anche quel territorio diventi una gruviera colma di rifiuti, in paese è nata un’associazione, le Mamme volanti, che insieme al Comitato di cittadini di Calcinato, cinque anni fa ha affittato un piccolo aeroplano per sorvolare la brughiera e filmare dall’alto il disastro ambientale che anni di disattenzione e incuria politica ha generato, autorizzando la nascita di tante discariche, senza preoccuparsi o ignorando volutamente la presenza delle aree urbane e di migliaia di cittadini che vivono a poche decine di metri dai rifiuti.

Loading video...
Il video del sorvolo delle Mamme Volanti di Castenedolo

Da qualche anno l’impegno di comitati e associazioni, oltre alla mutata sensibilità delle Istituzioni sul tema, sembra aver invertito questo approccio, almeno su determinati territori. Rimane però la potenza economica di aziende che, forti delle loro squadre di avvocati, perseguono i propri interessi contrastando con azioni legali e ricorsi alla giustizia amministrativa il tentativo di comuni, Provincia e Regione di impedire nuovi sversamenti. Un atteggiamento che si è tentato di stroncare all’origine il 24 settembre 2018, quando il Consiglio provinciale di Brescia all’unanimità ha approvato una mozione presentata dal consigliere Marco Apostoli nella quale si chiedeva una moratoria alle discariche, ossia il blocco delle autorizzazioni all'apertura di nuovi siti al fine di monitorare tutti gli impianti censiti e non, per una ricognizione del territorio. La mozione è stata inoltrata al Ministero dell'Ambiente, a Regione Lombardia, a sottosegretari, parlamentari e consiglieri regionali bresciani. Da allora, però, non si è andati oltre le buone intenzioni.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato