Bonifica siti radioattivi: i 6,2 milioni sono solo un prestito

Gli annunciati 6.125.830 euro per risanare i siti radioattivi bresciani sono, a conti fatti, un prestito. I fondi ministeriali saranno cioè sì ufficialmente accreditati ai Comuni entro la fine dell’anno, grazie al lavoro di raccordo la cui regia è stata affidata alla Prefettura, ma non si tratta di co-finanziamenti statali «a fondo perduto», come inizialmente si era pensato. Ogni centesimo dovrà essere restituito. Tanto che, non appena si procederà con la stipula dei sette distinti accordi di programma, il team del prefetto Attilio Visconti avvierà contestualmente un altro iter: l’azione di rivalsa.
Che riguarderà tutti gli attori coinvolti: sia le aziende che il danno lo hanno effettivamente causato (ma che facilmente saranno le uniche a non pagarne le conseguenze, perché fallite o perché le aree ormai sono rimaste «senza padri»), sia le società attive che scontano l’assenza di un Deposito nazionale per le scorie. Al punto che qualche ditta non esclude ora di sfilarsi dalla partita.
Come saranno gestiti i fondi

Cosa intendono fare le aziende
Proprio a fronte di questa nuova informazione Alfa Acciai, dove attualmente sono ricoverate (in sicurezza) 228 tonnellate di polveri di fumi e materiale contaminato da Cesio 137, sta valutando di sfilarsi da questa filiera. La ragione è presto spiegata: dovendo restituire il milione di euro promesso e pagando dunque di propria tasca il «bunker», senza alcun contributo statale - e non potendo conferire in nessuna discarica nazionale le scorie - perché mai dovrebbe infilarsi nel groviglio dei bandi pubblici per cantieri da realizzare in casa propria? Un incarico diretto, a fronte di questi criteri, è più rapido e più agile, specie visto che il fronte pubblico non porta nessun beneficio economico.
Lo stesso ragionamento potrebbero metterlo in cantiere, ad esempio, le Iro - acronimo di Industrie Riunite Odolesi, alle quali pure sarebbe destinato un milione di euro «in prestito» -, dove sono stoccate 170 tonnellate di polveri di fumo avvelenate sempre da Cesio 137. E nella stessa situazione si trova la Service Metal Company di Mazzano, a cui sono indirizzati 125mila euro (sempre da restituire) per la bonifica di 25 tonnellate di polveri di fumo contaminate.
Due questioni spinose

Un capitolo a parte riguarda invece la ex cava Piccinelli (area Cagimetal) e il sito della Metalli Capra di Capriano del Colle. Per entrambe le aree il cofinanziamento da un milione non solo certamente non basterà, ma altrettanto certamente non sarà restituito.
Nella ex Cagimetal il preventivo del vecchio progetto ammontava a 4 milioni euro, ma - spiega l’assessore all’Ambiente, Miriam Cominelli - «i fondi che il Mite mette a disposizione saranno utilizzati per una progettazione puntuale». Quale la situazione? In via Cerca sono sotterrate 1.800 tonnellate di scorie di fonderie radioattive: «Dalle ultime indagini eseguite la situazione è stabile sia sul fronte delle analisi chimiche sia della falda. Resta comunque il monitoraggio attivo» specifica Cominelli.
Infine, il bubbone ambientale più consistente: i tre siti della raffineria Metalli Capra, ciascuno dei quali riceverà un milione. Il più piccolo, di casa a Castel Mella, racchiude 9 tonnellate di scorie di fusione, in quello di Montirone sono invece stoccate 22 tonnellate di materiale ferroso contaminato. Infine, l’area più problematica, quella di Capriano del Colle: lì, la discarica racchiude 82.500 tonnellate di scorie di fonderia contaminate da Cesio137. Per bonificarla servirebbero almeno sei milioni e - spiega Simeone - «al momento non si riescono neppure a vendere i capannoni». Uno degli scenari che potrebbe farsi largo, alla luce di queste novità, è che i fondi che le aziende attive restituiranno (o che non saranno forse neppure incassati) possano essere utilizzati per Brescia e per Capriano. Ma al momento resta solo un’ipotesi tutta da discutere.
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