Politica e comunicazione, il linguaggio breve è il nuovo potere

La politica oggi ha contenuto, ma più di tutto ha una forma. Questa forma si chiama comunicazione politica.
In alcuni casi si sovrappone alla comunicazione elettorale, ma non necessariamente coincide con essa. In ogni caso, nella società odierna questa comunicazione politica ha un peso notevole. Se non si comunica bene – e se quindi non si ottiene l’appoggio delle persone – non si può governare bene, perché di fatto non si ha la possibilità di farlo.
Velocità
Se la comunicazione ha acquisito sempre più potere è anche a causa di una tendenza sempre più marcata, e non solo per motivi di marketing o manipolazione: la concentrazione e la soglia di attenzione sono sempre più basse e così politici e politiche di tutti i partiti devono farci i conti.
Si parla di comunicazione social, quindi, ma anche di comunicazione dal vivo, ovvero di public speaking. I comizi, i convegni e gli interventi, così come le interviste, non possono più fare a meno di uno studio preventivo. Prima di tutto per essere precisi e ponderati, ma soprattutto per essere efficaci dal punto di vista del contenuto e della velocità.
Il coach di public speaking

«Se un politico di vent’anni fa provasse a farsi strada ora, con le modalità comunicative che c’erano allora, non verrebbe eletto. Non perché meno bravo, ma perché userebbe un registro lontano da ciò a cui siamo abituati», spiega Federico Stefanelli, maremmano esperto di comunicazione, docente all’Accademia di belle arti SantaGiulia di Brescia e direttore artistico del Teatro Centro Lucia di Botticino, che svolge anche la professione di public speaking coach, ovvero spiega alle persone come parlare meglio. L’aveva fatto, per esempio, anche con Chiara Ferragni prima del Festival di Sanremo.
«I politici di oggi, quindi, non sono migliori di quelli di un tempo o viceversa: hanno proprio un diverso linguaggio», chiarisce Stefanelli. «Oggi si parla di meno e si usano più slogan. “Yes we can” di Barack Obama e “Make America Great Again” di Donald Trump sono la rappresentazione di questa tendenza. Di base, le persone non stanno più ad ascoltare». Ecco perché velocità e slogan.
Il calo della concentrazione
Velocità e slogan riescono dunque a fare arrivare messaggi in maniera più efficace perché, come accennato, alla base c’è il calo della concentrazione che caratterizza il nuovo millennio. Un calo dovuto alle tecnologie, ma anche alla diversa fruizione dei prodotti di intrattenimento, per esempio. «Non è un caso se i programmi che vanno maggiormente sono le serie tv», fa notare Stefanelli. «L’attenzione cala ogni trenta, quaranta minuti e puoi permetterti di distrarti, decidendo in autonomia se continuare. Non è come un film che non puoi interrompere o riprendere». Questo è ciò che accade un po’ in tutti i campi: abbiamo a disposizione tantissime informazioni e possiamo decidere cosa leggere e ascoltare, ma soprattutto come e per quanto tempo, non essendo più obbligati a visioni e intervalli preimpostati.
In questo scenario, se i politici vogliono fare passare un messaggio devono farlo in maniera adeguata. «È quanto sta facendo la segretaria del Partito democratico Elly Shlein, per esempio», sottolinea l’esperto. «Nell’ultimo periodo è molto più incisiva di quanto avveniva in precedenza proprio perché è più veloce. Sta affinando alcune tecniche ed eliminando caratteristiche che la allontanavano dal pubblico, anche perché non riuscivano a catturare l’attenzione».
Da sinistra a destra
Ad affidarsi ai coach di comunicazione pubblica non sono solo i politici. Ci sono anche imprenditori o personaggi dello spettacolo. Ma certamente i politici sono una delle categorie che può trarre maggiore vantaggio dall’apprendimento delle tecniche comunicative. In Italia, a differenza dei Paesi anglosassoni, non lo dicono: secondo Stefanelli si ha ancora l’impressione che affidarsi a queste figure sia come barare, e quindi la professione resta ancora nell’ombra perché chi vi si affida tende a non farlo sapere. «Ma è esattamente come avere un personal trainer, ma per parlare meglio», dice.
Non può dunque svelare chi si affida alla sua esperienza, ma basti sapere che i politici e le politiche (anche nazionali) che oggi si affidano ai coach provengono da tutti i partiti, da sinistra a destra. «Vengono da me per esempio sotto elezioni, oppure perché hanno un problema comunicativo preciso e contingente, come una patata bollente da raffreddare, magari. Molti politici non sanno gestire domande troppo pressanti. Per governare e lavorare in politica oggi bisogna necessariamente saper parlare, spiegare e a volte piegare le cose, sempre considerando che viviamo in un mondo in cui tutti sono disattenti.
I migliori esempi
Senza considerare il messaggio, secondo Stefanelli oggi la politica a cui guardare per avere un’idea chiara di cosa significhi saper comunicare efficacemente è la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. È evidente che Meloni ha fatto un passo comunicativo enorme da quando era all’opposizione a quando è salita al Governo, spiega lui. «Ha cambiato modo di raccontare mentre cambiava il suo ruolo perché sa che a seconda del ruolo ci si sposta a livello comunicativo. Ora coglie più facilmente l'interesse del pubblico perché e la premier e sa come tenere lì l’attenzione».
A chi si preoccupa che la forma diventi predominante a discapito di fatti e contenuto (e a discapito del bene comune), Stefanelli dice che non è più valido il concetto del «la racconta bene ma non ha contenuti». Vale piuttosto il contrario: «Se hai un buon contenuto, ma una forma pessima, nessuno ascolta e quindi è come non avere del tutto contenuto. Vale per la politica e per le aziende, dato che anche gli imprenditori oggi devono necessariamente farsi ascoltare attraverso il racconto. Ecco perché tante aziende americane investono molto sulla comunicazione, oltre che sul prodotto, raccontando allo stesso modo vittorie e perdite. Fateci caso: a capo c’è sepre una persona che ha una storia da raccontrae, da Jeff Besoz a Steve Jobs e fino a Elon Musk. E chissà perché partono tutti “dal garage”».
I punti chiave, riassunti
Ricapitolando, dunque, i punti cardine della comunicazione pubblica oggi sono tre: attenzione al pubblico, che cambia idea facilmente e si lascia trasportare; utilizzare frasi brevi senza troppe subordinate; e consapevolezza della mancanza di attenzione. «I tempi devono essere ridotti per forza. Se ai convegni ci si trova davanti a discorsi di più di 20 minuti, questi diventano inascoltabili».
I politici italiani stanno cominciando a cesellare il loro public speaking, «ma sono ancora indietro anni luce rispetto ai colleghi europei e statunitensi», conclude Stefanelli. «Vanno a sensazione e sentimento. Ecco perché fanno tanti strafalcioni. Difficile che politici di altre nazionalità facciano le cadute che fanno i nostri. Le gaffe italiane sono imperdonabili».
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