«Kiev ha attaccato una residenza di Putin», ma per Zelensky sono bugie

Mosca ha già annunciato una rappresaglia. Trump si dice «amareggiato», durante una conferenza stampa con Netanyahu
La residenza presidenziale russa di Vladimir Putin nella regione di Novgorod in una foto pubblicata su Navalny.com
La residenza presidenziale russa di Vladimir Putin nella regione di Novgorod in una foto pubblicata su Navalny.com
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L’accordo tra Russia e Ucraina, che appena 24 ore prima Donald Trump annunciava come «molto vicino», sembra naufragare ancora prima di mollare gli ormeggi.

A farlo affondare è un botta e risposta tra Mosca e Kiev che non lascia presagire nulla di buono. Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha accusato le forze ucraine di aver lanciato un attacco con 91 droni contro la residenza di Vladimir Putin a Novgorod, senza causare feriti né danni materiali, se non a quei colloqui che avevano faticosamente raggiunto «la fase finale» sotto l’egida di Donald Trump. «Una tipica menzogna russa», è stata la replica di Volodymyr Zelensky: «L’Ucraina non adotta misure che possano minare la diplomazia. Al contrario della Russia».

Minacce

Mosca ha però annunciato di voler rivedere il proprio «approccio negoziale» e di aver pianificato «una rappresaglia», di cui Putin avrebbe messo al corrente Trump in una telefonata giudicata «positiva» dalla Casa Bianca, ma su cui restano «alcuni nodi spinosi». Secondo i russi, «l’attacco terroristico» a Novgorod sarebbe avvenuto «praticamente subito dopo» il vertice di Mar-a-Lago, e lo zar avrebbe assicurato al presidente americano che non sarebbe rimasto senza risposta. Zelensky ha ribattuto parlando di «una pura e semplice invenzione per giustificare ulteriori attacchi contro l’Ucraina, inclusa Kiev», ricordando che Mosca non ha mai smesso di colpire la capitale, «compreso il palazzo del Consiglio dei ministri».

Negoziati in bilico e nodi ancora irrisolti

«La posizione della Russia sarà rivista», ha avvertito il consigliere di Putin Yuri Ushakov, riferendo di un Trump «scioccato e indignato» per quanto accaduto e soddisfatto di «non aver dato i Tomahawk» a Kiev. «L’ho saputo da Putin, sono arrabbiato. Non va bene, non è il momento giusto», ha commentato il tycoon in conferenza stampa con Benyamin Netanyahu.

Il Cremlino si aspetta ora che l’episodio «influenzi anche l’approccio americano alla collaborazione con Zelensky» e che Trump assecondi le richieste russe, a partire dal rifiuto di un cessate il fuoco temporaneo chiesto da Kiev anche per organizzare un referendum sull’eventuale accordo di pace in 60 giorni. Secondo Mosca, durante i negoziati gli Stati Uniti avrebbero insistito «in modo aggressivo» affinché l’Ucraina «adotti misure concrete per una soluzione definitiva del conflitto» invece di puntare su una tregua. Nel piano di pace in 20 punti, dato al 95% condiviso, restano aperti i nodi del Donbass e della centrale nucleare di Zaporizhzhia. Sul primo Mosca chiede «il ritiro delle forze armate ucraine oltre i confini amministrativi» della regione quasi interamente occupata, mentre Kiev ribadisce la propria contrarietà, con Zelensky che rilancia l’idea di una decisione affidata al popolo ucraino «perché è la sua terra».

Sulla centrale, il dissenso riguarda soprattutto gli Stati Uniti, che spingono per una gestione condivisa tra ucraini, americani e russi, ipotesi che Kiev vorrebbe escludere. Secondo il presidente ucraino, invece, l’intesa è «al 100%» sulle «forti garanzie di sicurezza» statunitensi: «Stiamo solo discutendo alcuni dettagli riguardanti il periodo di validità». Washington propone 15 anni rinnovabili, Kiev punta a «30-40-50 anni» e alla presenza di truppe straniere sul terreno, definita da Zelensky «la vera garanzia di sicurezza che i nostri partner ci stanno già offrendo», mentre la diplomazia resta appesa a un equilibrio sempre più fragile.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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