Daspo urbano a Brescia, la Sinistra: «Ingerenza della Prefettura»

Dopo l’approvazione della misura in Consiglio comunale i parlamentari interrogano il ministro Piantedosi
Palazzo Loggia - Foto Pierre Putelli/Neg © www.giornaledibrescia.it
Palazzo Loggia - Foto Pierre Putelli/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Il giorno dopo l’approvazione del nuovo Regolamento di polizia urbana (alias «la delibera del daspo», nei fatti un provvedimento che introduce sì la possibilità di allontanare per 48 ore chi non rispetta le regole, ma anche dei punti fermi rispetto alla movida) la maggioranza in Loggia si risveglia con uno strazio lasciato alle spalle, ma ancora da metabolizzare.

La misura è tra le più politiche con cui il centrosinistra si è misurato nel corso di questo primo anno di mandato, trovandosi a fare i conti con un arco politico vantaggioso alle urne (perché amplia la fascia del consenso) ma di più complicata gestione quando si esce dai confini del patto programmatico. E infatti, durante un Consiglio comunale caratterizzato da estenuanti trattative e da riunioni matrioska, gli occhi più sgranati, in segno di dissenso, stavano tutti a Sinistra. Che ora non intende fare come se nulla fosse. Anzi: forte anche degli appelli arrivati da alcune associazioni del territorio, è decisa a chiedere conto direttamente a Roma.

Sinistra e Bs Attiva

«Non riusciamo ancora a comprendere quali siano il calcolo politico e la finalità pratica del daspo. Ad una destra che semina allarme sociale si reagisce con una risposta illusoria e repressiva, che finisce per dare ragione alla sua propaganda» scrivono i segretari provinciale, Luca Trentini, e cittadino, Mattia Datteri, di Sinistra italiana, in linea con il «no» netto espresso venerdì notte in Aula da Francesco Catalano (e da Valentina Gastaldi di Bs Attiva).

«Ci siamo sempre opposti a progetti che spostano i problemi senza risolverli. L’estensione abnorme degli spazi, la tipologia dei soggetti, l’impossibilità di un controllo effettivo renderà inutile la misura». Il giudizio di Si è categorico: «Il daspo allontana ed esclude, colpirà soggetti già ai margini della società. Nel perimetro ci sono zone popolari come via Milano e le aree adiacenti a via Trivellini (dove opera uno dei dormitori) e non il "salotto buono" di piazzale Arnaldo».

Che c’entra però Roma? «Ci è stato detto che il daspo sia la risposta ad una richiesta della Prefettura - spiegano Trentini e Datteri -. Abbiamo attivato i nostri parlamentari perché interroghino il ministro Piantedosi su quella che reputiamo una possibile indebita ingerenza nella vita amministrativa della città da parte della prefetta, se non una inopportuna pressione arrivata dal governo stesso».

Nel frattempo, «la destra festeggia, la maggioranza si spacca. E le responsabilità sono chiare: noi agiamo con linearità» ribadiscono i segretari, consapevoli del fatto che il loro assessore di riferimento, Marco Fenaroli, quel provvedimento lo ha votato e sostenuto: in Giunta come in Aula. Rincara la dose Gastaldi per Bs Attiva: «Non solo il daspo non è nel programma della coalizione, ma strizza pericolosamente l’occhio alle destre e alla loro visione di Brescia come Gotham city» dicono Valentina Gastaldi e Francesco Catalano.

Il centrodestra

È vero che, nel merito, l’accordo su questo provvedimento c’era più con la destra che con la sinistra. E infatti il segretario cittadino della Lega, Michele Maggi, scrive: «Ieri in Consiglio comunale è stata smascherata l’ipocrisia della sinistra targata Castelletti che si è rimangiata tutto quanto dichiarato in questi anni sulla sicurezza in città e che grazie ai voti del centrodestra è riuscita ad approvare il daspo: una chiara vittoria politica della Lega e di tutta l’opposizione».

Nella nota stampa si affonda il coltello: «La sinistra in città è ormai in frantumi». A esultare anche Fratelli d’Italia: «Brescia era rimasta l’ultima città senza daspo - dichiara Diego Zarneri, segretario provinciale, in una nota diffusa insieme ai consiglieri del partito -. Grazie alla nostra costante azione politica la città ha finalmente colmato questo vuoto».

Pd e Civica

Nella sua analisi, la Sinistra parla anche di «obiezioni, molti dubbi e mal di pancia da parte di una grossa fetta della maggioranza», impigliata a un certo punto in un situazionismo a effetto domino. E in effetti bastava sentire i commenti nei corridoi di Palazzo Loggia («questo non è il provvedimento di tutti», «che brutta pagina», «groppone amaro» si mormorava) o fare attenzione alle smorfie e alle occhiatacce per averlo ben chiaro.

Il Pd infine ha tenuto (tutti a favore, eccetto l’astensione di Andrea Curcio arrivata sulla scia di un negoziato serrato, affidato anche al segretario cittadino Roberto Cammarata) ma era moralmente a pezzi: mano a mano che scorrevano le ore, gli scettici crescevano e lo palesavano. Ha retto l’ordine di scuderia, tuttavia si sono evidenziati gli spazi di geometrie variabili e questa fatica non sarà riassorbita facilmente: alcuni ruoli dovranno essere chiariti, alcune responsabilità dovranno essere assunte, alcune parole spese giustificate. Ad andare all’arrembaggio è stata però anche la Civica Castelletti: l’appoggio infine non è mancato, ma non senza pegno e nella consapevolezza che «una prossima volta» il lieto fine «non è da dare per scontato» (cit.).

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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