L’impresa di tre bresciani sul Cerro Torre fra traversie, abbracci e lacrime di gioia
Cumbre! Il grido che si strozza nella gola commossa degli alpinisti più bravi del mondo quando raggiungono la vetta del Cerro Torre (3.128 metri) è stato pronunciato per ben tre volte, a distanza di poche settimane, da tre scalatori bresciani.
Leo Gheza e Eric Albertini legati alla stessa corda, e Giulia Venturelli facente parte di un’altra spedizione, hanno scalato una delle montagne più eleganti, più difficili e ambite del pianeta, che si innalza tra l’Argentina e il Cile.
Il Cerro Torre è uno splendido e slanciato obelisco di granito del quale Cesare Maestri rivendicò la prima conquista nel 1959 in cordata con Toni Egger. Se quella salita ha fatto sorgere nel corso degli anni una serie di dubbi e di domande, sono in molti a ritenere che i primi a raggiungere inequivocabilmente la vetta siano stati i membri della spedizione italiana organizzata dai Ragni di Lecco nel 1974.
Cinquant’anni dopo
Gheza, Albertini e Venturelli, con i loro compagni di cordata, hanno percorso proprio l’itinerario tracciato dai Ragni, in festosa coincidenza con la ricorrenza del cinquantenario di quella prestigiosa salita.
Eric da Vestone e Leo da Esine si sono incontrati casualmente in terra patagonica, coinvolti in varie traversie che hanno visto il primo rimanere senza il compagno di salita previsto, e il secondo senza materiale e vestiario persi con i bagagli nel viaggio aereo.
In compagnia di Claudio Migliorini, i tre hanno unito le forze e le attrezzature per salire lo storico itinerario che da due anni nessun altro scalatore aveva più ripetuto.
Cinque sono stati i giorni trascorsi tra l’avvicinamento a piedi, la salita e il rientro, che Leo aveva programmato in parapendio ma non ha potuto effettuare a causa delle condizioni meteorologiche avverse.
La salita
La salita del Cerro Torre prevede lungo il tratto finale che precede la vetta, dopo un aereo bivacco che i tre amici hanno trascorso in una piccola tenda, di arrampicare delicatamente sulle concrezioni di neve e di ghiaccio modellate dagli sferzanti venti della Patagonia. «Questi soli tre tiri di corda - ci ha raccontato Leo - ci sono costati quasi otto ore di faticosa progressione. L’abbraccio sulla cima è stato veloce perché abbiamo dovuto iniziare subito la discesa nella bufera che si è manifestata prima rispetto alle previsioni».
Pochi giorni fa lo stesso itinerario è stato salito anche da un’altra cordata della quale faceva parte la guida alpina di origine gussaghese Giulia Venturelli. Anche per loro le condizioni meteorologiche sono state fonte di preoccupazione, ma la coesione del gruppo e l’esperienza maturata dai suoi componenti ha fatto concludere felicemente la salita e la successiva delicata discesa.
Queste le parole di Giulia: «Era un po’ di tempo che non mi commuovevo arrivando in cima a una montagna, e devo ammettere che quando ho abbracciato i miei compagni qualche lacrima è scesa. Non a torto le guide citano la Via dei Ragni come la queen line del Cerro torre».
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