Da Brescia alla Malesia e ritorno in sella alla sua bici: l'impresa di Matteo Danesi
Arriva in piazzale Giacinto Tredici in sella alla sua gravel carica di pacchi, stanco e commosso: ad attenderlo, fuori dal pub Udaberri Berri, ci sono familiari, amici e follower, riunitisi ieri pomeriggio per dargli il bentornato. Matteo Danesi (per gli amici «Pingu»), quarantene di Flero, è appena tornato da un viaggio omerico: oltre 17mila chilometri in bicicletta attraverso l’Asia, pedalando per ben 12 paesi.
Thailandia, Cambogia, Vietnam, Malesia e poi in aereo a Calcutta, e da lì al confine con il Pakistan, dove per le difficoltà ad ottenere il visto si è imbarcato per un volo per la Turchia, da cui ha raggiunto l’Italia in bici, lungo le strade dei Balcani. Sempre sui pedali della fida «Andreina», a cui ha dato il nome di sua mamma.
L’alfa e l’omega di questa impresa sono due date speciali, legate al ricordo del papà, che non c’è più: partito il 25 marzo con un volo per Bangkok, ha cominciato a pedalare il 29, giorno del compleanno del padre, e il ritorno, non a caso, cade a pochi giorni dall’anniversario della sua scomparsa. «È stato un modo per ringraziarlo per i sacrifici fatti per me e la famiglia – spiega –. In Thailandia ero già stato varie volte, ma al ritorno da uno di questi viaggi lui è mancato, e da allora tornando lì mi sento più vicino a lui. All’inizio dovevo girare solo la Thailandia, poi però volevo associare quel luogo a mio padre dando un senso ancora più grande a questo viaggio».
Un “dettaglio” rende tutto ancora più epico: «Non ero mai salito in bicicletta prima – confessa –, e infatti all’inizio è stata durissima». Un’avventura condivisa sui social, con tanti follower a supportarlo – tra cui la pagina «Orgoglio bresciano» – che lo hanno accolto ieri con striscioni, bandiere e fumogeni. «È anche grazie a loro che sono riuscito ad andare avanti nei momenti di difficoltà – dice –, ho ricevuto tanti messaggi anche da persone che non conosco, mi hanno aiutato molto».
Dall’Oriente porta una carovana di ricordi, legati soprattuto agli innumerevoli incontri: «Più che per vedere i monumenti, viaggiavo per incontrare persone, parlare e condividere. Ho conosciuto gente squisita, sempre disponibile ad aiutarmi. Non mi sono mai sentito in pericolo».
E adesso? «Mi piacerebbe ripartire a breve – racconta –, fare l’Africa oppure gli unici due stati che ho saltato, Pakistan e Iran». Intanto da questa esperienza torna con un messaggio: «Spegnete i cellulari e cominciate a viaggiare».
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