Opinioni

Voto regionale archiviato, ora tocca al cantiere legge elettorale

Adalberto Migliorati
Si sono accesi i riflettori su quale sistema dovrà governare il prossimo voto politico nazionale
Un seggio elettorale (foto d’archivio) - © www.giornaledibrescia.it
Un seggio elettorale (foto d’archivio) - © www.giornaledibrescia.it
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Ci eravamo lasciati con l’ipotesi che il voto regionale in Veneto, Campania e Puglia confermasse le maggioranze territoriali uscenti - centrodestra il primo, centrosinistra gli altri due - e fornisse indicazioni sulla scena nazionale. Così è stato. Con ampio margine dei vincitori sui rispettivi contendenti, a conferma del radicamento territoriale di chi amministra. Subito, a conteggio in corso, si sono accesi i riflettori su quale legge elettorale dovrà governare il prossimo voto politico nazionale. Il centrodestra vuole cambiarla, in nome del primato della stabilità chiunque vinca, stabilità che non sarebbe garantita dall’attuale sistema, mentre viene considerata il valore principe per reggere la partita interna ed internazionale.

Il centrosinistra contrappone la sua versione, ribaltando lo scenario: «Loro, Meloni e i suoi, vogliono cambiare le regole perché hanno paura di perdere, a fronte del campo largo unito. Come testimoniato dall’esito certificato nelle due regioni del Sud».

Con gli esiti precedenti in Calabria, Marche e Toscana siamo al pareggio, tre a tre. A sentire i commenti dei dirigenti di partito non c’è nessuno che consideri la propria parte perdente, dopo un voto che fotografa che non c’è stato neppure un solo cambio di maggioranza territoriale. Però cambiano gli equilibri interni alle coalizioni e il modo di collocarsi rispetto agli avversari. A partire dall’accresciuto crollo della partecipazione: ha votato la metà dei tredici milioni di aventi diritto, il 14% in meno rispetto alla tornata del 2020.

Al solito si susseguono diffuse valutazioni sulla necessità di operare per riportare alle urne chi se ne è allontanato. Poi fa premio l’interrogarsi su a chi andrebbero i voti: anche se lo si nega nelle dichiarazioni ufficiali, meglio assenti che schierati con la controparte, allora si cambierebbero le maggioranze. Così la legge elettorale diventa decisiva per attribuirli. Il Pd, nettamente il primo partito della sua coalizione nelle due Regioni del Sud, vede rafforzarsi la segretaria Elly Schlein, se riesce a dare gambe politiche nazionali al campo largo e a contenere i distinguo interni di quanti ne contestano la leadership. Il suo competitore principe, Giuseppe Conte, porta a casa, con Roberto Fico, la presidenza della Campania, ma non incassa un più significativo di voti e rimane restio a dare, fin da ora, il via libera al primato del Pd, temendo un proprio esito elettorale penalizzante.

Nella coalizione governativa si sommano le rispettive attese dei tre attori principali. Fratelli d’Italia non riesce a tradurre in consensi locali il voto personale della Meloni. La Lega rilancia, con il patrocinio di Zaia, la specificità di partito del territorio con caratteristiche precipue al Nord e al Sud che si fondono in un agire nazionale. Forza Italia rinforza la sua vocazione di centro, intorno alla quale costruire un governo di lunga lena.

I prossimi saranno mesi decisivi per la politica nazionale. Il voto regionale, utilizzato ora come un fioretto ora brandito come una clava, resterà, come un sondaggio di massa e una terapia operante, quale cartina di tornasole dello stato di salute dei singoli partiti, che non potranno restare passivi spettatori delle scadenze in calendario.

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