Una Costituente per la svolta del Movimento 5 Stelle

Regole e muscoli (nelle battaglie interne, a dispetto dell’autoproclamata inesistenza delle correnti...). Un pendolo che sembra costituire la costante del Movimento 5 Stelle, il quale non riesce a completare il duplice processo di istituzionalizzazione e partitizzazione (ovvero di compiuta conversione in un partito organizzato e strutturato).
Al momento non vi è riuscito nessuno, a conferma della sua natura profonda quale movimento populista, con una spinta irrefrenabile nella direzione del partito personale – un modello applicato invariabilmente da tutti i (numericamente pochissimi) leader che si sono succeduti sin qui.
📣Il Consiglio Nazionale del M5S ha oggi approvato le fasi, i meccanismi e il funzionamento del processo di democrazia “partecipativa” per l’Assemblea costituente del Movimento 5 Stelle.
— MoVimento 5 Stelle (@Mov5Stelle) August 1, 2024
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Così, sulla personalizzazione ha fortemente puntato – con i relativi eccessi – anche Giuseppe Conte, alle prese con il dualismo finora strutturale con Beppe Grillo, e che, per ragioni verosimilmente anche professionali, presenta una spiccata propensione per norme e regolamenti. Fino alla possibilità, come ha dichiarato lui stesso, di mettere in discussione il suo stesso ruolo attraverso l’appena varata «costituente rifondativa», approvata dal Consiglio nazionale 5 Stelle nelle scorse ore.
I toni sono, al solito, piuttosto altisonanti e propagandistici: «Nessun partito ha mai realizzato un esperimento così coinvolgente e radicale di democrazia partecipativa e deliberativa». Ipse (Conte) dixit.
Sfrondando queste dichiarazioni dagli accenti trionfalistici, si può effettivamente dire di essere in presenza di un esperimento ambizioso e interessante, distante da quelli (più che altro retorici e alquanto ideologici) che hanno contraddistinto la lunga stagione della simbiosi fra la piattaforma Rousseau e il Movimento – e, al proposito, ieri si è consumato l’ennesimo scontro fra Davide Casaleggio e i fedelissimi dell’attuale presidente (nella fattispecie, la governatrice sarda Alessandra Todde).
Assistito dalla società Avventura urbana, specializzata in queste tematiche, il M5S ha dunque deciso di rilanciarsi mediante un percorso partecipativo che mira a risultare trasparente in virtù del coordinamento di alcuni facilitatori esterni. Un iter articolato in 3 fasi – il momento dell’ascolto, il confronto deliberativo e l’assemblea costituente – che si propone come realmente innovativo nel panorama politico nazionale, e finalizzato a dare voce in maniera più robusta agli iscritti come pure ai cittadini-elettori che volessero partecipare.
Non resta, dunque, che assistere (senza i popcorn...) agli esiti di tale cantiere e formula politica di «progettazione partecipata». Se il Movimento nella «versione di Conte» si radica a sinistra si tratterà di un fatto utile dal punto di vista del chiarimento della sua offerta politico-ideologica e della fuoriuscita dalla costitutiva ambiguità; e si produrrà finalmente una prova di maturità (oltre che di realismo politico, alla luce del bipolarismo di fatto che si è reinsediato nella vita pubblica italiana).
Il metodo si rivela certamente interessante. Sempre che venga applicato nel debito modo, e il risultato non finisca per coincidere con l’ennesima forma di tentato plebiscito per il leader in carica. Rimane, inoltre, da vedere quanto questa strada verrà effettivamente seguita da un rimanente elettorato fidelizzato cresciuto in prevalenza a «pane e populismo», e «oltre la destra e la sinistra». E, soprattutto, si ripropone di nuovo il tema del conflitto con Grillo, che è uscito ridimensionato da tutta serie di vicende recenti, ma sembra proprio non voler mollare la presa.

Conte intende infatti rendere il «suo» M5S totalmente autonomo, sotto il profilo politico-ideologico e giuridico, dal cofondatore, mentre quest’ultimo – che ha ribadito di essere sempre e comunque il Garante (e aveva accusato col consueto sarcasmo il competitor di plurime «nefandezze», compreso uno «statuto troppo barocco») – appare preoccupato per il calo dei consensi che imputa all’abbandono della linea antisistemica e di contrapposizione frontale a tutto e tutti.
La pars destruens è, difatti, quella che ha portato i veri consensi al Movimento, ma oggi si rivela indiscutibilmente molto più difficile da praticare. Chi vivrà, vedrà, perché dei due ne può restare (come leader) uno solo…
Massimiliano Panarari - Sociologo della comunicazione, Università di Modena e Reggio Emilia
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