Tutela del paesaggio e nuova economia

Un modalità differente per intendere il progresso
Un paesaggio italiano - © www.giornaledibrescia.it
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Il paesaggio è uno dei più importanti beni del nostro Paese ed è proprio nelle settimane estive dedicate alle vacanze che ci rendiamo conto del suo inestimabile valore e dell’impatto diretto che esso ha sulla qualità della vita delle persone e delle comunità.

Secondo la Carta della natura dell’Ispra in Italia sono presenti circa 40 tipi di paesaggio di pregio ma nonostante la loro tutela sia stabilita a livello costituzionale siamo ancora nel pieno di una stagione nella quale le bellezze paesaggistiche vengono facilmente intaccate o sacrificate. I numeri sono inequivocabili, il suolo consumato è in continuo aumento in tutte le regioni.

La Lombardia detiene il primato in termini assoluti, con oltre 290mila ettari del suo territorio coperto artificialmente (il 13,5 per cento delle aree artificiali italiane), essa è la regione con la maggiore estensione urbana e con la più estesa superficie coperta a media e bassa densità.

Anche la recente indagine sulle ecomafie ha rimarcato le negative ricadute paesaggistiche delle attività criminali connesse al ciclo del cemento che si traducono in forme di sfruttamento del suolo e in abusi edilizi. È ormai palese la mancanza di una relazione diretta tra processi di urbanizzazione e tendenze demografiche. Le superfici urbanizzate crescono anche a fronte dell’inverno demografico nel quale siamo ormai immersi.

Pensando alla pianura padana è sempre più realistica la rappresentazione del geografo Eugenio Turri di un’espansione che sta portando alla formazione di un cordone urbano (megalopoli padana) che, senza soluzione di continuità, si estende da Torino a Venezia e scende fino alla Romagna. Durante gli anni del boom economico l’urbanizzazione era legata in maniera stretta all’industrializzazione e quindi alla infrastrutturazione del Paese, oggi invece procede per conto proprio.

Il poeta Andrea Zanzotto parlava di «progresso scorsoio» osservando, nella sua campagna veneta, la scomparsa del paesaggio naturale e rurale, e con esso di un modo di abitare il territorio, sotto la spinta di un’idea sviluppista che certo ha arrecato benefici (servizi, comodità, ecc.) ma che ha anche portato alla dispersione insediativa negli spazi rurali e ha condotto all’affermazione di un modo di vivere il territorio senza abitarlo, con la graduale scomparsa del «mestiere» di abitante.

Per curare quello che Salvatore Settis ha definito «il grande malato d’Italia» è necessario riorientare lo sviluppo nella consapevolezza che molti sforzi in campo ambientale rischiano di essere vanificati se si perde la qualità del paesaggio che non è solo l’oggetto di una distaccata contemplazione ma comporta un diretto contatto con l’identità e la memoria di un territorio.

Per una fase della nostra storia, la perdita del paesaggio è stato lo scotto da pagare per la modernizzazione del Paese ma oggi serve un nuovo tipo di modernizzazione che riconosca nel paesaggio un caposaldo imprescindibile di un nuovo equilibrio tra ambiente umano, naturale e costruito.

La tutela del paesaggio è il presupposto per la creazione di una nuova economia che ponga al centro la promozione del valore territoriale anziché la sua erosione, un’economia, come afferma Papa Francesco, basata su un altro modo d’intendere il progresso.

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