Trump, fra nazionalismo radicale e ostentato imperialismo

I toni di un comizio nel menzionare il canale di Panama e il predecessore William McKinley
  • I primi ordini esecutivi firmati da Donald Trump
    I primi ordini esecutivi firmati da Donald Trump - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
  • I primi ordini esecutivi firmati da Donald Trump
    I primi ordini esecutivi firmati da Donald Trump - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Come già otto anni fa, è stato più un comizio che un discorso d’insediamento quello pronunciato da Donald Trump. Un comizio dai toni sovraccarichi, i contenuti estremi e i riferimenti storici a dir poco problematici. Ha riaffermato, Trump, un elemento intrinseco del suo populismo autoritario: l’idea che tra il leader carismatico e il suo popolo non ci debbano essere diaframmi o intermediazioni. Che le istituzioni devono sottostare al volere di questo leader, a partire da un Dipartimento della Giustizia cui non perdona di averlo incriminato.

Ha presentato queste istituzioni come la punta estrema di un establishment corrotto e traditore, su cui calerà la sua scure.

Ha promesso, come sempre, d’invertire il declino degli Usa (che, numeri alla mano, in realtà non c’è), di aprire una nuova grande «età dell’oro» per l’America e, contestualmente, di ridare al suo popolo quella libertà e quell’orgoglio che gli sono stati dolosamente sottratti.

In un contesto in cui quantomeno la creanza istituzionale avrebbe imposto di tendere la mano a un predecessore che ha gestito con grande correttezza questa transizione di poteri, ha reiterato tutta una litania di accuse a Biden e cavalcato alcuni temi al centro delle guerre culturali che tanto lacerano il Paese (dai curricula scolastici che insegnerebbero «ai bambini a odiare il loro Paese» alle questioni di genere).

Riferimenti storici

Chi come il sottoscritto la storia degli Stati Uniti la studia e insegna è rimasto però ancor più colpito dai riferimenti storici utilizzati nel discorso: le lezioni che essi offrirebbero e le politiche che dovrebbero ispirare. Ha parlato, Trump, di un nuovo «Manifest Destiny» per il Paese: di un destino manifesto che, se ben governato, lo attende. Lo slogan, centrale nella retorica politica americana di quasi due secoli fa, riassume l’aggressivo nazionalismo cristiano dell’epoca (il «destino manifesto», scriveva il celebre giornalista John O’Sullivan nel 1839, era quello conferito dalla divina provvidenza agli Stati Uniti per potersi continuare a espandere territorialmente senza limiti). Ha invocato un Presidente meno noto di altri, William McKinley (1897-1901), che guidò l’ascesa imperiale degli Stati Uniti, con la guerra contro la Spagna e la violentissima annessione delle Filippine. Ed è ritornato nuovamente sulla questione del Canale di Panama.

La cui costruzione (promuovendo la secessione di Panama dalla Colombia) e successivo lungo controllo simboleggiava fino a non molto tempo i privilegi imperiali degli Stati Uniti in America Latina; la cui restituzione al governo panamense nessuno si permetteva più di contestare; e che ora Trump presenta invece come modello, abbinando a McKinley anche il suo successore Theodore Roosevelt, l’autore di quel corollario che oggi Trump in buona sostanza ripropone secondo il quale nelle Americhe spettava agli Usa, in quanto nazione superiore e «civilizzata», esercitare un’azione di «polizia internazionale» per ripristinare ordine e civiltà laddove questi fossero venuti meno.

Ordini esecutivi

Per il loro problematico significato, per quel che rappresentano e prescrivono, sono riferimenti che nessun Presidente del dopo Seconda Guerra Mondiale si sarebbe probabilmente sognato di offrire, men che meno in un discorso inaugurale. Che nel 2025 questo connubio di radicale nazionalismo e ostentato imperialismo contraddistingua il messaggio e la retorica del Presidente della principale potenza mondiale non può che colpire e preoccupare. Come del resto non possono che preoccupare le politiche che probabilmente conseguiranno, sul piano interno e su quello internazionale, e di cui oggi abbiamo un primo assaggio con i numerosi ordini esecutivi che accompagnano il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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