Tra Etiopia e Somalia l’intesa parla turco

Dopo le tensioni per la ricerca di Addis Abeba di uno sbocco sul mare, si è arrivati alla «Dichiarazione di Ankara»
La bandiera dell'Etiopia - Foto Pexels
La bandiera dell'Etiopia - Foto Pexels
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Intesa ci può essere soltanto se ci si intende. «Il nostro desiderio di un accesso al mare è un’impresa pacifica e porterà benefici ai nostri vicini; è un’impresa che deve essere vista con uno spirito di cooperazione, non di sospetto», ha voluto rassicurare il presidente dell’Etiopia, Abiy Ahmed. «La mia nazione è pronta a collaborare con la leadership etiope», ha risposto il presidente della Somalia, Hassan Sheikh Mohamud.

I due bei discorsi sono stati tradotti in turco, così che il presidente della Turchia, Recep Tayyp Erdogan, in conferenza stampa ha potuto annunciare che è stato siglato «un nuovo inizio nelle relazioni tra Addis Abeba e Mogadiscio, basato sulla pace e sulla cooperazione».

Dopo due round di negoziati andati a vuoto, il terzo, l’11 dicembre, ha invece portato i risultati sperati. Così il presidente turco diventa il salvatore del Corno d’Africa, dove le tensioni fra Addis Abeba e Mogadiscio rischiavano di sconfinare.

La disputa nasce dal fatto che l’Etiopia, il Paese più popoloso al mondo privo di sbocchi al mare, il 1° gennaio 2024 ha firmato con il Somaliland, regione settentrionale della Somalia, che si affaccia sul golfo di Aden e con cui confina, un memorandum d’intesa. Secondo questo accordo, mai pubblicato, in cambio del riconoscimento di questo territorio resosi indipendente de facto dalla Somalia nel 1991, e di una parte di quote dell’Ethiopian Airlines, Addis Abeba aveva ottenuto la concessione di venti chilometri di costa del Somaliland e del porto di Berbera per una durata di cinquant’anni, e una base navale nello strategico stretto di Bab-el-Mandeb, che collega il Golfo di Aden con il mar Rosso e quindi con l’oceano Indiano, garantendosi così un importante sbocco sul mare. Urtando, però, le ire della Somalia che mai ha riconosciuto l’indipendenza al Somaliland e che, pertanto, ha osteggiato fin da subito questo accordo affermando che si tratta di «un’interferenza nella sovranità, libertà e unità del Paese» e promulgando subito una legge per il suo annullamento, perché «nessuno ha il potere di svendere pezzi di Somalia».

A questo punto, la Turchia si è fatta avanti per far ragionare i due contendenti. Non era per niente facile perché il riconoscimento del Somaliland da parte di Addis Abeba è una vicenda spinosa per la Somalia. Tuttavia, la Turchia era forte del fatto di aver finanziato la modernizzazione del porto di Mogadiscio e la più grande base militare turca all’estero si trova proprio nella capitale somala. Era, dunque, necessario agire per l’integrità della Somalia, ma garantendo all’Etiopia un accesso al mare. Perché anche con il governo etiope Ankara ha legami economici e militari. Un lavoro di cesello per potersi porre come partner strategico di entrambe le nazioni.

Nel documento finale, la «Dichiarazione di Ankara», si esplicita che all’Etiopia è garantito: «Un accesso affidabile, sicuro e sostenibile sotto la sovranità della Repubblica Federale di Somalia». Quest’ultima, segnata da decenni di instabilità e dagli attacchi terroristici perpetrati dai ribelli di al-Shabaab, ha fatto includere nell’accordo anche l’impegno a contenere eventuali conflitti. Non è finita qui, anzi, da qui si parte: dialoghi bilaterali per appianare le ultime divergenze e colloqui commerciali. Così da «trovare la quadra» nei primi sei mesi del nuovo anno.

Questa mediazione è parte di una precisa strategia di Ankara, che mira a consolidare la propria influenza nel continente africano. Stati Uniti e Cina stanno all’erta, perché questo ruolo crescente della Turchia in Africa rischia di scombinare loro i giochi. Per quanto riguarda l’Italia, non potrà non considerare la Turchia come Paese con cui collaborare, nell’ambito del «Piano Mattei».

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