Tanzania, democrazia negata nel silenzio del mondo

Sequestri di dissidenti, sparizioni forzate, bavagli ai partiti di opposizione, con veto di partecipazione ai leader, divieto di accesso a X per la popolazione e, più in generale, a Internet, arresti arbitrari delle voci critiche. Eclatante la sparizione del diplomatico Humphrey Polepole, già ambasciatore tanzaniano a Cuba, membro del partito di governo, ma diventato estremamente critico nei confronti della presidente Samia Suluhu Hassan.
#Tanzania: authorities must immediately disclose the fate and whereabouts of a former Tanzanian ambassador to Cuba, Humphrey Polepole They must also ensure his safety and bring those responsible accountable.https://t.co/YnjdT30CCK pic.twitter.com/iT5eqqgaHW
— Amnesty Eastern Africa (@AmnestyEARO) October 8, 2025
Si presentava così la Tanzania a qualche mese dal voto. Tanto che, lo scorso giugno, gli analisti delle Nazioni Unite avevano esortato il governo a porre un freno agli abusi, intensificatisi già dalla metà del 2024. Data la situazione di oscurantismo, l’esito delle elezioni presidenziali e legislative – seppur prive di credibilità – era scontato. Ma la rabbia covava sotto la cenere, soprattutto nei giovani della Generazione Z, gli stessi che stanno scendendo in piazza in vari Paesi africani. In Tanzania, 68 milioni di abitanti, il 43% vive sotto la soglia di povertà.
Così, il 29 ottobre, giornata di voto, il caos ha predominato, anche la sera, nonostante il coprifuoco nazionale. Alle proteste, al grido di «restituiteci il nostro Paese», accompagnate da incendi di edifici, la polizia ha risposto con i gas lacrimogeni. Le manifestazioni, partite dalla capitale economica, Dar es Salaam, e poi estesesi a tutto il Paese, hanno provocato dalle 500 alle 700 vittime (numeri non confermati dal governo), e molti feriti. Nella capitale Dodoma, manifestanti hanno anche assaltato i seggi.
Un clima da guerriglia, con cancellazioni di voli internazionali e innalzamento dell’allerta. Ma, the show must go on. E, la presidente uscente, la sessantacinquenne Samia Suluhu Hassan, esponente del partito Chama Cha Mapinduzi (Ccm), al potere ininterrottamente dal 1961, ha conquistato il secondo mandato, praticamente con un plebiscito: 97,66% di preferenze. In realtà, è la sua prima vera elezione, perché, in quanto vice, era subentrata al precedente presidente John Magufuli, morto nel 2021 a causa del Covid-19, patologia di cui aveva sempre negato la pericolosità.
Ma quel plebiscito per i giovani e per i partiti dell’opposizione è frutto di brogli, a partire dai numeri. Quelli ufficiali parlano di circa 31,9 milioni di preferenze per Samia, con un’affluenza alle urne di quasi l’87% dei 37,6 milioni di elettori registrati nel Paese. Diverso il riscontro degli osservatori internazionali dell’Unione Africana e della Sadc (Southern African Development Community), per i quali l’affluenza è stata estremamente bassa, con urne elettorali risultate in gran parte vuote.
Samia, un passato nel World Food Programme delle Nazioni Unite, e di sostenitrice dei diritti umani, in particolare delle donne, all’inizio era stata elogiata per aver annullato alcune misure illiberali imposte dal predecessore. Quest’aria di democratizzazione aveva stimolato il turismo e gli investimenti. Ma quella della riformatrice è stata solo una parvenza, incarcerazioni e sparizioni immotivate sono iniziate presto, tanto da essere stata accusata da Amnesty International di aver fomentato un «clima di terrore».

John Kitoka, portavoce di Chadema, maggior partito di opposizione, ha dichiarato che la schiacciante vittoria di Samia rappresenta una «parodia della democrazia», e ha quindi chiesto l’intervento di un organismo internazionale che supervisioni una nuova elezione. Per il parlamento europeo, le elezioni non sono state «né libere, né eque». Ma la presidente non si è lasciata intimidire. Confermati i risultati elettorali, sabato 1 novembre, Samia, dopo aver sottolineato che i tanzaniani hanno voluto «a stragrande maggioranza una leader donna», ha dichiarato: «Ringraziamo le forze di sicurezza per aver fatto sì che la violenza non interrompesse le votazioni. Il governo condanna fermamente gli episodi di violenza, che non sono stati affatto patriottici. È tempo di unire il nostro Paese, e non distruggere ciò che abbiamo costruito in più di sei decenni. Adotteremo tutte le misure necessarie e coinvolgeremo tutte le agenzie di sicurezza per garantire la pace».
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