Un affaire a puntate il cui epilogo non è scontato

E già, adesso si tratta di un affaire vero e proprio, con tutti i crismi. E un affaire che si ingrossa senza sosta a partire da uno scoop del sito Dagospia che si è trasformato in una salva di fuochi pirotecnici i quali non accennano a placarsi. Per la (penosa) vicenda di Gennaro Sangiuliano, qualcuno ha evocato l’affaire Profumo – e, in effetti, anche se non c’è (fortunatamente) la Russia di mezzo anche qui, uno dei nodi problematici alla vigilia del «G7 della Cultura» verte proprio sull’acquisizione ormai ampiamente acclarata di informazioni riservate da parte di chi non ne aveva il diritto (naturalmente, Maria Rosaria Boccia).
Secondo altri – e come dar loro torto? – si sarebbe invece più dalle parti di una pochade in stile Totò, Peppino e la… malafemmina. E, visto il format mediale egemonico nell’immaginario collettivo, l’affaire-querelle (senza esclusione di colpi fra i due protagonisti) si svolge come una serie a puntate, sempre più avvincenti una dopo l’altra, in attesa dell’epilogo finale, anche se non è affatto detto – anzi… – che sarà quello scontato in qualunque altro Paese normale, vale a dire le dimissioni del ministro.
Un altissimo pubblico funzionario che finora ha inanellato una sequela di mezze verità più alcune bugie a tutto tondo riguardo la sua «consulente per i grandi eventi», mancante di formalizzazione, ma sempre presente accanto a lui negli ultimi tempi, prima del consumarsi di questa devastante rottura, con relativa reazione a catena, a cui tutti quanti stiamo assistendo basiti e stupefatti. E, visto che a pensare male si fa peccato ma spesso si indovina – come suggeriva uno che di politica se ne intendeva –, verrebbe quasi da immaginare che allo stesso governo faccia pure agio tutta questa concentrazione sull’affaire Sangiuliano, distraendo l’opinione pubblica dalle tensioni interne e dai problemi significativi per i quali il governo non ha ricette pronte.
L’intervista al Tg1
Ma qui, appunto – a differenza che nei corridoi dell’esecutivo di destracentro – nessuno è complottista. Così, ieri è arrivata la (scontata) rivelazione: un Sangiuliano in lacrime ha raccontato dagli schermi del Tg1 quello che tutti si immaginavano. Il ministro e la «dottoressa Boccia» avevano un affaire, in questo caso amoroso, una liaison sentimentale, si potrebbe dire in aulico «sangiulianese». Ma, ha (sper)giurato l’uomo incaricato di implementare dal palazzo del Collegio Romano la tanto vaticinata nuova egemonia culturale della destra, ha sempre pagato le spese per le trasferte della signora di tasca propria, evocando (ovviamente) un complotto ai suoi danni e affrettandosi a chiedere in favore di telecamere il perdono della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e della moglie tradita. In puro stile reality show, che proprio su questi meccanismi si fonda – e, d’altronde, un’assoluzione invocata per via catodica in Italia non si nega proprio a nessuno.
La dinamica comunicativa
Una delle chiavi di lettura più interessanti di questo patetico pasticcio passa proprio per l’osservazione della dinamica comunicativa di botta e risposta. Lui – il ministro fino a poco fa «’nnamurato» – che si nascondeva dietro i comunicati stampa ufficiali del ministero per «troncare e sopire», lei – la wannabe e arrampicatrice sociale, con il vizietto di registrare tutto per farsi una «polizza vita» – iper-reattiva su Instagram nello smentirli mediante stories autoprodotte che, dal punto di vista della fattura e del confezionamento farebbero storcere il naso a qualunque social media manager con un minimo di blasone, ma si stanno rivelando estremamente efficaci.
E, ora, ecco la «versione di Genny» declamata dalla corazzata della tv di Stato (diventata, nel frattempo, «TeleMeloni»), per la quale si attende la nuova risposta a colpi di disintermediazione social da parte dell’amante trasformatasi in Erinni giustiziera e antagonista senza tregua.
L’uso di Instagram (sul quale lei pubblicava anche immagini false, scaricate da altri account, per accreditarsi), i ritmi dosati col contagocce e i tempi scanditi di rilascio delle informazioni e la ribattuta colpo su colpo sono praticamente un capolavoro di campagna di character assassination. In strategia comunicativa, almeno per il momento, la dottoressa va promossa alla grande, altro che Boccia(ta).
Mentre sul capo di Sangiuliano sembra essersi abbattuta la «maledizione» di Vittorio Sgarbi, che è stato (nella fattispecie giustamente) moralizzato e costretto alle dimissioni da sottosegretario alla Cultura da colui che, stiamo apprendendo in questi giorni, si atteggiava a moralizzatore ma era soltanto un falso moralista…
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