Italia e Estero

Il cardinale Re: «Il Papa della fede lucido e sereno fino agli ultimi istanti»

Il Decano del collegio cardinalizio: «Per tutta la vita ha testimoniato la gioia di essere cristiani»
Il cardinale Giovanni Battista Re con il cardinale Ratzinger e Giovanni Paolo II - © www.giornaledibrescia.it
Il cardinale Giovanni Battista Re con il cardinale Ratzinger e Giovanni Paolo II - © www.giornaledibrescia.it
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Creandolo cardinale, papa Paolo VI definì Joseph Ratzinger «insigne maestro di teologia». Due pontefici, due protagonisti non solo della storia della Chiesa ma dell’umanità. «Sovrumano», così invece Benedetto XVI ha definito, il 3 agosto 2008, «il merito di Paolo VI nel presiedere l’assise conciliare, nel condurla felicemente a termine e nel governare la movimentata fase del post-Concilio».

Benedetto XVI ha costantemente testimoniato il proprio legame con il pontefice nato a Concesio, anche venendo a Brescia a inaugurare la nuova sede dell’Istituto a lui dedicato. Con il cardinale Giovanni Battista Re, Decano del Collegio cardinalizio, tratteggiamo la straordinaria figura del papa emerito, insieme sono stati a lungo tra i più stretti collaboratori di san Giovanni Paolo II.

Eminenza, il mondo intero piange la morte di Benedetto XVI, lei che lo ha conosciuto profondamente, come lo definirebbe?

Benedetto XVI è stato il Papa della fede profondamente amica della ragione; di una ragione che va oltre i confini dell’intelligenza umana. Tutto il suo pontificato è stato orientato a ravvivare e irrobustire nei cristiani la fede in Dio. In pari tempo, egli ha cercato di valorizzare la ragione e di ampliare il suo spazio, nella profonda convinzione che «il mondo della ragione e il mondo della fede hanno bisogno l’uno dell’altro». Sono molti i contributi teologici che egli ha offerto per chiarire sempre meglio l’intimo legame tra la ragione e la fede. Egli si è rivelato un protagonista sul piano del pensiero e della coscienza, nello sforzo di aiutare tutti a dare spazio alla luce che viene da Dio e che dà senso all’umana esistenza.

Paolo VI e Benedetto XVI, si può identificare una continuità tra i loro due pontificati?

Ambedue i Pontefici spiccano per la fedeltà al Concilio Vaticano II e per l’impegno nel difendere il vero spirito del Concilio. Nell’allocuzione alla Curia romana, in occasione del Natale 2005, Benedetto XVI, affrontando il tema della ricezione del Concilio e parlando dell’ermeneutica della continuità e della discontinuità, confermava di fatto l’interpretazione del Concilio Vaticano II data a suo tempo da Paolo VI: continuità nel rinnovamento.

Quali sono gli insegnamenti fondamentali di papa Ratzinger?

Gli otto anni di pontificato di Benedetto XVI resteranno nella storia per l’alto insegnamento che egli lascia con le sue tre Encicliche, con i suoi numerosi documenti e discorsi di alto valore. Ricordo la sua ferma opposizione alla «dittatura del relativismo», e la continua riaffermazione dei valori morali, facendo leva sulla legge naturale, iscritta nel cuore di ogni uomo e di ogni donna. È intervenuto con le sue riflessioni sui temi culturali, morali ed esistenziali che agitano il nostro tempo, ed è stato letto ed ascoltato anche da persone lontane dalla Chiesa cattolica, perché, oltre che un grande teologo, è stato un grande pensatore, che ha cercato di capire il nostro mondo moderno. Con chiarezza e con fermezza si è impegnato a fondo su temi di bioetica e di sociologia, spendendosi con dedizione anche contro la pedofilia negli anni in cui era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e poi da Papa.

L’arrivo a Brescia di Benedetto XVI: il vescovo Monari accoglie il Papa Ratzinger e il cardinale Giovanni Battista Re l’8 novembre 2009 - © www.giornaledibrescia.it
L’arrivo a Brescia di Benedetto XVI: il vescovo Monari accoglie il Papa Ratzinger e il cardinale Giovanni Battista Re l’8 novembre 2009 - © www.giornaledibrescia.it

Le dimissioni di Papa Benedetto XVI sono state un momento sconvolgente nella storia della Chiesa, qual è la sua valutazione?

Sono state certamente un momento molto doloroso. La decisione di deporre quelle che Dante chiama «le somme chiavi» ha sorpreso tutti. È un gesto però che va apprezzato e ammirato per l’alto senso di responsabilità che l’ha ispirato. Il ragionamento di papa Benedetto fu sostanzialmente questo: la Chiesa nella presente situazione ha bisogno di un Papa che abbia pienezza di energie. Io queste energie non le ho più; ho reali problemi cardiaci, che il cambio del pacemaker non ha per nulla migliorato; è pertanto bene per la Chiesa che io mi dimetta. Per un uomo intensamente razionale come Ratzinger, questo ragionamento aveva grande forza logica. E per il bene della Chiesa si è dimesso. È stato un gesto che contiene anche un insegnamento per chi ha doveri nei riguardi del bene pubblico. In un tempo in cui domina l’attaccamento ai centri di potere, il gesto del Papa emerito ci insegna che quando non si è più in grado di compiere in modo adeguato il proprio servizio, bisogna avere il coraggio di fare un passo indietro e di lasciare spazio ad altri.

Quale era il rapporto tra il cardinale Ratzinger e Giovanni Paolo II?

Ho ancora viva nella mente la convinzione con cui Papa Giovanni Paolo II giudicava il cardinale Ratzinger l’uomo giusto da aver accanto per le questioni dottrinali. Ricordo che in un incontro di lavoro, al quale ero presente come Assessore della Segreteria di Stato, il Papa disse che per l’incarico di nuovo Prefetto della Dottrina della Fede aveva pensato al cardinale Joseph Ratzinger, allora Arcivescovo di Monaco in Baviera, per la sua straordinaria preparazione come teologo, sicuro per quanto riguarda la dottrina. Fra il Papa e il cardinale Ratzinger vi fu sempre profonda reciproca stima, piena sintonia e anche vera amicizia. Direi anche che vi era una vicendevole ammirazione.

Il Papa emerito ha trascorso gli ultimi anni lontano dal mondo, all’interno del Vaticano. Il suo ricordo di questo periodo?

Sono ovviamente andato più volte a trovarlo negli anni. Da tre anni era in sedia a rotelle, la sua voce si è fatta sempre più flebile fin quasi a scomparire, ma nonostante l’età molto avanzata ha mantenuto ottima memoria e profondità di pensiero. Soprattutto ha pregato instancabilmente per la Chiesa e per l’umanità. È stato come Mosé sul monte, dedito a intercedere presso Dio. È rimasto lucido e sereno fino alla fine, confermando con la sua personale testimonianza quanto ci aveva insegnato circa l’importanza della fede e la gioia di essere cristiani. In una lettera del febbraio 2022 (penso che sia l’ultima che ha scritto), parlando della sua morte che sentiva vicina scrisse: «L’essere cristiano mi dona la conoscenza, anzi l’amicizia col giudice della mia vita; l’essere cristiano mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte».

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