La politica deve gestire l’Intelligenza Artificiale

Non c’è dubbio che l’Intelligenza Artificiale sia già parte del nostro futuro, di noi come singoli e dell’intera umanità: un sistema sempre più potente, da sottoporre a forme severe quanto efficaci di controllo, basato – così la definizione dell’Ocse – «su una macchina in grado di dedurre dall’input che riceve, grazie all’implementazione di sofisticate capacità adattive dotate di diversi livelli di autonomia, una serie di dati processabili finalizzati a generare svariati output (come ad esempio previsioni, raccomandazioni, contenuti, decisioni) suscettibili di influenzare ambienti fisici o virtuali, tenuto conto di un insieme di obiettivi espliciti o impliciti concretamente perseguiti a seconda che siano programmati direttamente da uno sviluppatore umano oppure definiti mediante il ricorso a tecniche di autoapprendimento algoritmico».
Gli studiosi che si occupano del tema concordano nella valutazione secondo la quale l’IA è caratterizzata da un alto grado di complessità, di opacità – vale a dire la mancanza di trasparenza sul modo con cui arriva ad un output –, da adattabilità e, quel che più genera inquietudine, da autonomia, cioè dalla capacità di assumere decisioni a prescindere dall’uomo, oltre che naturalmente dalla dipendenza dai dati di cui può disporre. La qual cosa la rende vulnerabile a attacchi esterni e a errori.
E così pure largamente convergenti sono le valutazioni circa i rischi associati alla Ia, riconducibili alla perdita di controllo, a possibili discriminazioni, alla possibilità di promuovere forme di sorveglianza di massa, di produrre disinformazione e distorsione della realtà, rischi assai gravosi per la democrazia, a maggior ragione in una fase come quella che stiamo attraversando, in cui sono in palio esiti legati a cruciali appuntamenti elettorali.
Non si tratta di sottovalutare le potenzialità positive della Ia e i guadagni che essa può produrre a vantaggio del progresso umano – ad esempio democratizzazione dell’accesso al sapere, possibilità di delegare alle macchine lavori alienanti, sviluppo della ricerca-, né di assumere atteggiamenti tecnofobici e antiscientifici volti a contrastare la crescita cognitiva connessa ad una innovazione tecnologica ormai prossima a raggiungere la potenza del cervello umano se non addirittura a superarla.
Piuttosto, a fronte del rischio di una possibile estinzione umana ad opera della Ia dovuta ad una perdita di controllo – un allarme lanciato nel maggio del 2023 dal Center for High Safety –, si tratta da parte della politica di normare non solo le forme di regolamentazione dell’uso, ma pure i capitali, i dati, i chip, e soprattutto di affrontare il problema della concentrazione di potere nelle mani di pochi attori.
Sotto questo profilo la Ue si è fatta protagonista di un attivismo legislativo teso a prevenire possibili abusi e molteplici altre iniziative sono in corso da parte di svariati soggetti istituzionali, a partire dal Processo di Hiroshima del G7. Il «Discorso sull’Intelligenza Artificiale», pronunciato da Papa Francesco lo scorso 14 giugno al vertice di Borgo Egnazia, risulta in proposito esemplare e profetico, concentrando la propria attenzione su etica e responsabilità, in relazione a come «concepiamo la nostra identità di esseri umani» anche di fronte alla tecnica, considerato che «l’algoritmo non è dotato né di oggettività né di neutralità» e che «con il tecnocentrismo si riduce la soggettività umana».
Parlare di tecnologia è parlare di cosa significhi essere umani e quindi di quella nostra unica condizione tra libertà e responsabilità, cioè vuol dire parlare di etica. #IA #G7 https://t.co/zmCOSyYLGx
— Papa Francesco (@Pontifex_it) June 14, 2024
Un’«algoretica», quella di Francesco – così la definizione ripresa da un illustre bioeticista quale Lucio Romano – che si misura con la «algocrazia» alla luce della phronesis, la saggezza della filosofia greca e «almeno in parte» della sapienza della Sacra Scrittura, denunciando il riduzionismo antropologico ad essa sotteso e proponendo di converso un’alleanza tra tecnica e «umano-centrismo».
Da qui l’appello di Bergoglio ad una politica abilitata a coinvolgere i più diversi saperi in modo da «aprire la strada ad opportunità differenti che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso», piuttosto di «incanalare tale energia in modo nuovo» anche di fronte ad «uno strumento affascinante e tremendo» come l’Ia.
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