La Francia e il governo «à l’italienne»

Non è detto che il successo dello sbarramento che in Francia ha impedito a Marine Le Pen di conquistare il potere riesca nel contempo a produrre un governo stabile
L’esultanza di alcuni francesi per il risultato delle elezioni - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
L’esultanza di alcuni francesi per il risultato delle elezioni - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Non è detto che il successo dello sbarramento che in Francia ha impedito a Marine Le Pen di conquistare il potere riesca nel contempo a produrre un governo stabile. Anzi, ciò che si vede oggi è una forte instabilità che potrebbe obbligare ad un governo tecnico «à l’italienne». Resta il fatto però che il centro e la sinistra francesi sono riusciti a produrre un accordo elettorale - un «fronte repubblicano» - che ha fatto da diga alla Le Pen, assegnando un primo posto alle sinistra e un secondo ai centristi.

C’è da chiedersi se quanto è accaduto in Francia possa in qualche modo avere un’influenza sugli equilibri politici italiani dove al contrario alle elezioni del 2022 il centro e la sinistra non riuscirono a bloccare la vittoria di Giorgia Meloni e dei suoi alleati, essendo impegnati più che altro a conquistare il podio del «primo perdente», ossia del partito-leader della minoranza all’opposizione in Parlamento. Curioso, perché l’Italia ha, da questo punto di vista, una certa tradizione, ancorché travagliata, di alleanza tra moderati ex democristiani, ex liberali, ex socialdemocratici, ex repubblicani e le varie anime della sinistra di tradizione socialista, comunista, radicale, ecologista, ecc…

Jean-Luc Mélenchon - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
Jean-Luc Mélenchon - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it

Queste alleanze per ben due volte, nel 1996 e nel 2006, hanno vinto le elezioni, sconfiggendo il centrodestra berlusconiano, riunendosi sotto il simbolo dell’Ulivo e la leadership di Romano Prodi. La variante antipolitica grillina ha evidentemente archiviato questi precedenti che tuttavia si erano già depotenziati da soli, a causa delle contraddizioni che li tormentavano e che avevano portato alla crisi dei vari governi nati dal centro-sinistra (Prodi, D’Alema e successivi).

In realtà, già oggi in Francia stanno emergendo differenze politiche tra chi invoca un’alleanza anche politica e di governo con il centro liberale e chi invece, pur non avendone i numeri, reclama un’egemonia «in purezza». Più o meno lo stesso dibattito che avvenne e avviene qui.

C’è dunque da chiedersi che possibilità ci siano, e quale effettiva praticabilità, di una alleanza elettorale ed eventualmente poi anche di governo tra PD, M5S, AVS, di fronte ad un centrodestra che mostra di avere sì problemi politici interni ma anche un forte consenso popolare. La dizione «campo largo» nel centrosinistra italiano ha avuto di recente una vita piuttosto breve e grama mentre, risalendo alla storia del Dopoguerra, la formula del «Fronte Popolare» si porta dietro dal 1948 un destino di sconfitta assai poco incoraggiante.

Chissà se Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni troveranno un loro modo originale di fare una battaglia politica comune finora ostacolata da contrasti e personalismi. Hanno tuttavia un limite da superare: a loro serve, per avere una prospettiva di successo, il raccordo con un «centro» di riformismo moderato che è disperso tra gli elettori ma da tempo non trova una adeguata rappresentanza politica (basti ricordare il penoso fallimento del cosiddetto «Terzo Polo»).

Ma senza il centro, con la sola bandiera dei «Progressisti», come dimostra oggi anche la Francia, non c’è possibilità di conquistare la maggioranza di un Paese. Da noi, Achille Occhetto lo capì solo all’indomani della sconfitta del 1994 contro l’astro nascente di Silvio Berlusconi.

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