La destra pigliatutto alla francese

In Gran Bretagna è arrivata la valanga laburista. In Francia, invece, è in corso quella neroblu del Rassemblement National; e, sebbene le previsioni (e le desistenze) lascino immaginare che non conquisterà la maggioranza assoluta - e lo confermano pure gli «aggiustamenti di tiro» nelle dichiarazioni sulla volontà di andare comunque al governo da parte di Bardella e, soprattutto, Marine Le Pen -, il secondo turno delle legislative ribadirà il travolgente sdoganamento di quella che era la formazione dell’estrema destra e del neofascismo à la française. E che oggi si staglia quale destra prevalente, che va a sotterrare la storia delle destre francesi al plurale.
Il primo «big bang» era arrivato in occasione delle elezioni presidenziali del 2017. La prima sfida fra Macron (col suo nuovo partito personale La République en marche), risultato vittorioso, e la signora Le Pen (con il Front National, ereditato in maniera tumultuosa dal padre, prima della sua riorganizzazione e del rebranding). Una competizione che determinò l’implosione del Partito socialista, e l’avvio di un riassetto profondo della destra, da cui entrambi i duellanti hanno tratto notevoli profitti.

Fino ai giorni nostri, quando il progetto centrista macroniano di scomposizione del sistema politico giunge sostanzialmente al capolinea, mentre proprio la sua avversaria trae beneficio dal ritorno della contrapposizione tra sinistra e destra, imprimendo sulla seconda il suo nettissimo segno egemonico. Andando così a chiudere, nei fatti, quell’articolazione pluralistica delle destre che ha contrassegnato in maniera marcata la storia contemporanea transalpina.
Era stato il politologo René Rémond a delineare la tripartizione della destra d’Oltralpe fino al famoso-famigerato 1968, distinguendone una tradizionalista e legittimista (e, dunque, controrivoluzionaria), una orleanista (e liberale) e una bonapartista.
Tre filoni di cultura politica che si sono via via confrontati-scontrati o riassemblati, e che dopo quell’anno fatale assistettero all’ascesa del gollismo, al riaffiorare a corrente alternata di una destra liberale, culturalmente sempre più significativa, e alla battaglia per esistere e, in seguito, alla crescita costante di una destra reazionaria e anti-illuministica tardonovecentesca, erede di quella appunto tradizionalista e controrivoluzionaria ottocentesca, che si organizzò intorno al partito-movimento di Le Pen padre.
Uno spazio politico estremista - e violento - che raccoglieva il lascito del collaborazionismo del regime di Vichy, dell’Oas colonialista e del poujadismo qualunquista e anticomunista (come pure antisocialista). Quel nocciolo duro (per meglio dire, nero, nerissimo) è in parte trasmigrato nel neopopulismo del Rassemblement, e in parte si era indirizzato verso quello ancora più radicale della Rêconquete di Éric Zemmour, ma il «neolepenismo nella versione della figlia» ha centrato l’obiettivo della dédiabolisation, e anche per le fragilità e i dissidi intestini del neonato «fronte repubblicano» lo sbarramento non risulta più efficace come nei tempi passati.
Rn ha conquistato settori rilevanti di voto cattolico non tradizionalista, è penetrato largamente nei ceti medi e ha saputo presentarsi come il difensore dei perdenti della mondializzazione e di coloro che si sentono in periferia - sotto ogni profilo, culturale e non esclusivamente economico - a fronte della narrazione pro-globalista e metropolitana del macronismo sconfitto e del suo tentativo di ridisegnare la geografia politica. E anche se non dovesse andare al governo, Rn può ulteriormente aspettare il cadavere del nemico lungo il fiume, per ricorrere alla macabra e ben nota metafora.
Nel frattempo, è riuscito a chiudere de facto la gloriosa vicenda del gollismo con la spaccatura dei Républicains, e a ottenere il sostanziale azzeramento del competitor Zemmour (tanto che la nipote Marion Maréchal è rientrata nell’ovile del «partito-clan» un minuto prima delle Europee). La destra neopopulista sta schiacciando ovunque quelle liberalconservatrici, e la Francia costituisce attualmente il laboratorio più avanzato di questa inquietante metamorfosi. E della transizione verso una sorta di monodestra dai connotati radicali.
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