La crisi dell’Ue tra lobby e opacità

Alla luce dei risultati delle consultazioni elettorali che hanno visto le destre conservatrici e quelle nazional-sovraniste riportare nel complesso significativi successi, non c’è dubbio che nel mirino è stata posta l’Unione Europea.
Una realtà vissuta con sempre maggiore intensità come un vincolo oppressivo, come luogo di una rappresentanza opaca che non sa farsi riconoscere dai cittadini, vessandoli per il tramite di una burocrazia miope ed invadente. Una costruzione che necessiterebbe di una più forte legittimazione democratica messa alla prova come è da una scarsa partecipazione elettorale, da consultazioni spesso utilizzate come verifiche di popolarità e gradimento per i singoli governi nazionali.
Si è pensato che l’Unione Europea potesse tutelare i suoi cittadini dalle interferenze provenienti da «poteri forti», soprattutto economico-finanziari e si è auspicato che con l’allargamento territoriale e con la strutturazione istituzionale di un sistema di governance essa potesse promuovere una effettiva cittadinanza europea. Tutto questo non è avvenuto. Come ha scritto Jan Zielonka, l’Unione si è dimostrata «più sollecita a rispondere alle esigenze degli uomini d’affari e delle lobbies che a quelle dei cittadini comuni», finendo col rafforzare «il dominio dei mercati sulla democrazia».
Il sogno europeo dei padri fondatori rischia di trasformarsi, dunque, nell’incubo di una possibile dissoluzione seppure, tra freni e resistenze, segni incoraggianti di una possibile svolta rispetto alle politiche ordoliberiste di austerity non sono mancati, ad iniziare dall’adozione del pacchetto Next Generation Eu. Resta comunque che l’Unione Europea costituisce il bersaglio di una collera diffusa, a motivo della sua incapacità di promuovere misure di protezione adeguate ai processi indotti dalla globalizzazione.
Accanto alle politiche di rigore che minano l’universalismo dei servizi, un ruolo rilevante a minare l’Ue è giocato pure da smottamenti geopolitici destinati a produrre una perdita di centralità nel contesto mondiale, nonché da trasformazioni venute alla luce a livello continentale nei sistemi di partito. Essi hanno visto uno smottamento delle formazioni socialdemocratiche a partire dalla Spd tedesca - un caso a parte è quello del Pd italiano - e liberaldemocratiche in primis con la sonora sconfitta subita dalla formazione che fa capo ad Emmanuel Macron.
A tutto questo si aggiunga che, nel quadro di un progressivo appannamento delle prospettive federaliste, molteplici nodi sono da tempo irrisolti: la scarsa trasparenza e l’insostenibile fragilità dei meccanismi decisionali, la prevalenza della dimensione intergovernativa su quella comunitaria, la disomogeneità tra gli Stati dopo l’allargamento ad est, il continuo ricorso a misure non convenzionali di politica monetaria. A fronte del ritorno della guerra in Europa, la successione delle generazioni ha peraltro avuto un ruolo che ha visto il Vecchio continente del tutto impreparato a mobilitare risorse politico-diplomatiche atte prima ad evitare il conflitto ucraino-russo, poi, una volta esploso, a portare i contendenti a tavoli di negoziazione.
Quanti infatti hanno conosciuto le tragedie del Novecento hanno visto nell’unità europea una garanzia di stabilità e quanti, invece, non hanno sperimentato nazionalismi e totalitarismi hanno ritenuto come scontato un futuro di pace e sottovalutato i rischi di un’Europa sotto attacco, sia da ovest, come è stato e potrebbe essere di nuovo con Donald Trump, sia da est, con l’aggressione russa e la concorrenza cinese. Dunque un cumulo di contraddizioni e problemi rimasti in sospeso e irrisolti da un sistema dalle molteplici crepe che fatica a sintonizzarsi con le trasformazioni di un cambiamento d’epoca.
L’onda conservatrice e neonazionalistica che ha investito l’Unione europea non è pertanto l’esito improvviso di una crisi temporanea, un incidente casuale di una storia scritta una volta per tutte, ma il portato del ripiegamento di una democrazia che rischia di ritrovarsi senza popolo, inabilitata ad inverare il proprio immanente fondamento – ’espressione della volontà generale - nel segno della partecipazione attiva dei cittadini, dell’universalismo dei diritti, dell’equità sociale, dell’uguaglianza degli esseri umani, della realizzazione delle sue promesse.
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