La bellezza che cura

È possibile che la bellezza possa curare? È una domanda intrigante ma la riposta è complessa perché allude al «bello» e al fatto che ci possa far bene o addirittura salvare come diceva nel libro «L’idiota» Dostoevskij «La bellezza salverà il mondo». Prima di tutto però serve chiarire cosa si intende per bellezza.
Forse va superata l’idea della bellezza come cosmesi, che è la dimensione esteriore delle cose, anche se non si tratta di negare la funzione terapeutica del trucco volto a migliorare il proprio aspetto fisico, quanto piuttosto cercare di cogliere la risonanza interna in gran parte soggettiva del bello.
La bellezza, il cui etimo è il latino «bellus» come diminutivo di «bonus» è tutto ciò che è buono ma allo stesso tempo indicibile, cioè difficile da definire con la ragione, come diceva Kant. La bellezza colpisce i sensi e ci fa provare stupore quando percepiamo l’armonia di cui si compone. Perché la bellezza è l’insieme, non una parte. Poi sappiamo che non c’è il bello assoluto che, come nella tradizione classica, invitava alla contemplazione. Il bello è la dimensione particolare individuale di ciò che è buono e ci può far bene.
La bellezza è un’esperienza dell’anima, non un concetto. Spesso è trasporto ovvero movimento interno che fa andare dall’Io al «tu» e al «noi». Più ancora è una connessione emotiva con il mondo che ci attornia e di cui facciamo parte. Poi la bellezza può essere imperfetta eppure la accogliamo e ce ne occupiamo. Che non è poco in un tempo in cui si esalta la perfezione e la si insegue. Per questo motivo la bellezza che stupisce nell’arte è speso l’imperfezione, non la precisione. Ma è l'armonia dell'insieme.
Così ci sta in una composizione una fisionomia malata, una deformazione o l’infamia di un gesto violento che fa dire a Rodin scultore «Anche nella sofferenza, anche nella morte delle creature amate e persino nel tradimento di un amico, il grande artista trova la tragica voluttà dello stupore» (L’arte. Conversazioni raccolte da Paul Gsell, Abscondita Ed, 2023).
Ed quella, se vogliamo, la bellezza che incanta nel Caravaggio delle luci e delle ombre che avvolgono i suoi personaggi, santi o assassini, ma sempre attraversati dagli opposti come l'orrore delle espressioni e la soddisfazione degli sguardi. La bellezza sta nel contrasto come la cura sta nella mediazione degli opposti. Quella che in certi momenti può apparire come l’estetica del brutto in Michelangelo Merisi detto il Caravaggio invece narrazione del «male» che è ineliminabile e serve perché si realizzi e divenga visibile il «bene» e il bello.
Di questo genio controverso e della sua straordinaria esistenza artistica, delle sue opere la cui bellezza continua a incantarci, si parlerà stasera 11 ottobre al Festival della Parola organizzato dalle Acli. Lo farà il prof. Giovanni De Plato (psichiatra) presentando il suo libro «Caravaggio. La luce e il buio della mentre» (Ed. Scheiwiller) alle 18,00 nella sala Consiliare di Villanuova e lo introdurrà Ubaldo Vallini, direttore del quotidiano online Vallesabbianews.
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