La noia, uno stato pesante ma serve

Giuseppe Maiolo
La paura di chi sta a fianco a chi vive la noia è che questa che potrebbe essere l’incipit di una depressione. Ma c’è un rapporto diretto tra noia e benessere
La noia è importante - Foto/Pexels
La noia è importante - Foto/Pexels
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C’era una volta la noia. Sembra una battuta, ma non lo è, perché un tempo ci si annoiava di più in quanto oggi c’è il cellulare che non fa più annoiare nessuno. Una volta il sentimento provato era quello di non aver voglia di fare niente che è uno stato psicologico comune a tutti e spesso temporaneo, ma in particolare frequente tra gli adolescenti che indica disinteresse e senso di vuoto, in genere pesante e vischioso. Una condizione in cui prevale la sensazione di essere in disparte dal mondo.

Questa mancanza di voglia fa pensare che tutto è immobile dentro e che manchino le energie per attivarsi. In tedesco la parola che la definisce è «langeweile» (tempo lungo e immobile) è soprattutto distanza dal mondo e sguardo privo di interesse.

Negli anni giovanili, per alcuni la noia è un peso insopportabile che non lascia intravvedere nulla di buono. Scriveva Roberto Gervaso: «la noia è incapacità di godere» (Il grillo parlante, Bompiani), cioè assenza di entusiasmi, apatia e abulia insieme, cioè volontà inerte.

La paura è di chi sta a fianco a chi vive la noia che fa temere un ritiro globale dell’energia vitale e che un ripiegamento che potrebbe essere l’incipit di una depressione. In famiglia così la noia è combattuta o messa al bando dai genitori, solitamente incapaci di tollerare un figlio inoperoso, senza interessi e in ozio. È assenza di vitalità del pensiero che fa pensare a un disturbo dell’umore, ma non è una patologia anche se non va mai trascurata ma la noia come condizione.

È esperienza umana universale ineliminabile, di certo uno stato emotivo difficile che però può essere un potente stimolo alla creatività. Perché quando la noia ci riempie, il nostro cervello cerca di uscire da quella situazione di stallo operativo e si mette alla ricerca di soluzioni nuove, attiva il pensiero divergente con cui si possono trovare soluzioni originali che riguardano il senso della vita o le possibili vie di uscita dal disagio.

In altre parole la noia non è pericolosa ma è problematica la sua gestione. Il benessere mentale si costruisce con l’accettazione di essa, non con l’evitamento. Perché questa condizione psicologica appartiene all’esistenza comune e ha un suo preciso valore. Piuttosto ci serve saper governare la noia e non sostituirla con altro per poterla attraversarla con qualcosa di creativo, magari dipingendo, suonando o scrivendo.

Agli adolescenti suggerirei di connettersi con se stessi e li inviterei a riflettere su quei pensieri noiosi e ricorrenti. Chiederei loro di fare qualcosa di nuovo, come una riflessione o una meditazione. Di certo chiederei di non riempire i vuoti reazionali con le connessioni digitali. A chi sta negli immediati dintorni dei giovani invece di criticare e «predicare» a dismisura, penso sia meglio condividere con l’annoiato un’attività comune come una passeggiata nella natura, magari senza parlare e in silenzio.

Le ricerche sembrano dirci che c’è un rapporto diretto tra noia e benessere, tra silenzio delle parole dette e l’ascolto delle sonorità interiori e della comunicazione verbale e non verbale che ci riguarda.

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