La barriera polacca per fermare Putin

Varsavia ha avviato un imponente programma di potenziamento delle sue forze armate: una serie di apprestamenti molto simili a quelli realizzati dai russi sul fronte di Zaporizhzhia
Il primo ministro polacco Donald Tusk in visita alla base militare americana di Jasionka - Foto Ansa/Epa/Darek Delmanowicz © www.giornaledibrescia.it
Il primo ministro polacco Donald Tusk in visita alla base militare americana di Jasionka - Foto Ansa/Epa/Darek Delmanowicz © www.giornaledibrescia.it
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Sulla spinta del conflitto in Ucraina, Varsavia ha avviato da due anni un imponente programma di potenziamento delle sue forze armate, i cui effettivi dovrebbero diventare 300mila, di fatto raddoppiando e potranno contare su migliaia di nuovi mezzi ordinati e già in corso di consegna, specie da parte di Usa e Corea del Sud, a cominciare da carri armati e semoventi di artiglieria, oltre ad aerei da caccia ed elicotteri. Per questo il rapporto tra spese per la difesa e Pil è già stato portato da tempo ad oltre il 4%.

Dagli ammaestramenti del campo di battaglia deriva anche la decisione, già operativa, di realizzare un «muro» ai confini orientali con Russia (l’enclave di Kaliningrad) e Bielorussia. Il progetto, presentato dal Governo nelle scorse settimane, è stato chiamato «East shield», Scudo orientale (in polacco Tarcza Wschodnia): sarà pronto entro il 2028 e costerà 2,55 miliardi di dollari; scopo dichiarato è «limitare la mobilità delle truppe nemiche e rallentarne l’avanzata, offrendo maggiore libertà di azione e sopravvivenza ai militari e alla popolazione polacca».

Non è un’edizione moderna della Linea Maginot, ma una serie di apprestamenti molto simili a quelli realizzati dai russi sul fronte di Zaporizhzhia contro cui si è infranta la troppo annunciata, tardiva e inutilmente insistita controffensiva ucraina nella scorsa estate. Il precedente Governo aveva speso 400 milioni di dollari per costruire un muro in chiave anti immigrazione lungo i 418 km di confine con la Bielorussia.

Il primo ministro polacco Donald Tusk parla con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky - Foto Ansa/Epa/Olivier Matthys © www.giornaledibrescia.it
Il primo ministro polacco Donald Tusk parla con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky - Foto Ansa/Epa/Olivier Matthys © www.giornaledibrescia.it

«East shield» rafforzerà tale barriera, aumentandola in profondità e integrandola con sistemi di sorveglianza e monitoraggio aereo e terrestre, nonché di dispositivi anti-drone integrati con centri per l’analisi dei dati e centri di difesa aerea nazionale. Una struttura simile sarà creata anche lungo il confine con l’enclave di Kaliningrad. Le immagini diffuse in conferenza stampa mostrano una fascia di terreno profonda alcuni km in cui saranno piazzati migliaia di ostacoli anticarro in cemento (i cosiddetti «denti di drago»), seguiti fossati, aree minate, trincee e bunker.

A ridosso della linea saranno anche collocati depositi di munizioni e basi avanzate. Verranno anche issati in serie tralicci per ospitare dispositivi di sorveglianza e scoperta elettronici ed acustici. Nell’East Shield rientra anche il programma «Barbara», che prevede di collocare a 4mila metri di quota quattro aerostati ancorati al terreno dotati di sofisticati radar (probabilmente dell’israeliana Elta) in grado di scoprire oggetti volanti anche piccoli sino a 300 km. Previsto infine anche l’impiego a sciame di piccoli droni da ricognizione per saturare le eventuali contromisure avversarie.

Sulla stessa lunghezza d’onda si muovono le Repubbliche baltiche Estonia, Lituania e Lettonia, che insieme a Norvegia, Finlandia e la stessa Polonia hanno annunciato lo sviluppo di un «Drone wall», ovvero un muro di droni, per creare sui confini una barriera ottica-elettronica molto agile e duttile.

Prendendo a prestito il titolo di un celebre film, l’atteggiamento dei Paesi citati è ovviamente figlio de «Il nemico alle porte» e non può diventare metro di confronto con l’Italia. Il problema è che l’Ucraina non ha scosso granché Roma. Le risorse sono quelle che sono: ma la tendenza della Difesa non si inverte rispetto al «prima», tanto che l’obiettivo del 2024 per il 2% del Pil, deciso nel 2014, è sparito ed è già sparito anche quello 2028.

Il Governo francese aumenta gli investimenti e sferza l’industria nazionale della Difesa perché produca di più in tempi più rapidi. Quello italiano si limita a dichiarazioni di intenti che cozzano con la realtà: non risulta, infatti, che si stia correndo a rimpinguare le già scarsissime dotazioni, depauperate per sostenere l’Ucraina e anche i programmi recentemente annunciati per riequipaggiare (finalmente) le forze corazzate e meccanizzate sono spalmati su lassi di tempo talmente lunghi da far sperare che lo Stellone e lo Zio Sam continuino a proteggerci.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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