Il nostro concittadino Ibrahim Rugova

Negli articoli pubblicati su questo giornale mi sono sempre tenuto alla larga da qualsiasi riferimento alla mia esperienza di sindaco della città. E ciò a motivo di ovvie ragioni di stile nei confronti dei lettori, oltre di chi mi ha offerto l’opportunità della collaborazione.
Posso tuttavia fare un’eccezione e non certamente per assegnare meriti all’Amministrazione da me guidata: l’attribuzione, oggi praticamente sconosciuta all’opinione pubblica bresciana, nel maggio 1999 della cittadinanza onoraria della città a Ibrahim Rugova, il «Gandhi dei Balcani», come è stato definito, il leader kosovaro artefice dell’indipendenza del suo Paese facendosi banditore su di un messaggio di radicale rifiuto della violenza.

Un costruttore di pace sulla base di un impegno alla convivenza, all’interno del Kosovo tra differenti gruppi etnici e quanto al sistema delle relazioni esterne, come principio ispiratore di un disegno politico volto ad affermare autodeterminazione e autonomia del suo popolo.
Ebbene, un convegno internazionale tenuto recentemente a Priština a 80 anni dalla nascita, cui hanno preso parte esponenti politici e studiosi, ma pure mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, ha inteso evocare la figura di questo leader al fine di proporla all’opinione pubblica come riferimento esemplare in un tempo in cui la guerra, le sue devastazioni e i suoi orrori sono tornati in Europa.
On President's Day, we honor our Founding Father, Historic President Ibrahim Rugova.
— Vjosa Osmani (@VjosaOsmaniPRKS) May 24, 2024
His legacy is defined by his vision and relentless pursuit of a free, democratic, sovereign, and independent Kosovo, fully integrated into the Euro-Atlantic family and serving all its people,… pic.twitter.com/KsNhgl545f
Vita e opere di Rugova possono dunque, a maggior ragione per noi bresciani, in quanto nostro concittadino, ispirare la disposizione con cui guardiamo a quanto sta avvenendo, restituendo speranza alle angosce che attraversano il nostro animo a fronte delle tragedie che si stanno consumando in Ucraina e in tutta la Palestina.
Rugova «il fragile colosso del Kosovo» – come lo ha definito Ismail Kadaré, il grande scrittore albanese –, nato a Cerncë nel dicembre del 1944, insignito del premio Sakharov per la libertà di pensiero, musulmano sunnita aperto al dialogo col cristianesimo in nome di una convergenza delle religioni nel segno della fraternità, si forma alla cultura europea studiando a Parigi con Roland Barthes, l’insigne semiologo, esponente della nouvelle critique strutturalista.
Interprete della tradizione del suo Paese sulle colonne della principale rivista kosovara, è autore di fondamentali studi sul gesuita Petër Bogdani, il teologo cristiano, umanista e poeta, vissuto nel XVII secolo. Animato da una profonda passione politica, Rugova fonda la «Lega democratica del Kosovo», il partito col quale intraprende quella che per lui è la missione della sua vita: l’indipendenza attraverso metodi pacifici, in questo osteggiato, fino a subire minacce di morte, da parte dell’Uck, un’organizzazione kosovara paramilitare inserita dall’Onu nella lista delle formazioni terroristiche.
Nominato presidente nelle autoindette elezioni del 1991, conduce dal 1995 i negoziati con la Serbia di Slobodan Miloševic, al fine di raggiungere un accordo sulle scuole e sull’università: una scelta coraggiosa che lo rende interlocutore accreditato presso la comunità internazionale consapevole del ruolo che Rugova può svolgere per evitare i bagni di sangue come in Croazia.

Impossibilitato ad operare nel corso delle vicende belliche del 1999 perché costretto agli arresti dai serbi, è comunque protagonista, portando il crisma della legittimità istituzionale della sua parte politica, alle trattative di Rambouillet inaugurate il 6 febbraio dello stesso anno e poi fallite sul punto fondamentale della possibilità di celebrare entro tre anni un referendum attraverso il quale conoscere la volontà del popolo kosovaro, oltre che sulla questione della smilitarizzazione dell’Uck. Poi saranno i 78 giorni di bombardamenti Nato sulla Serbia.
Nel 2002 Rugova è rieletto legittimo presidente del Kosovo sottratto al dominio di Miloševic. Come ha testimoniato mons. Paglia ancora oggi il leader kosovaro, scomparso nel 2006, «continua ad essere l’esempio di un politico nutrito di visioni, di un umanista che ha scelto il ripudio dell’uso della violenza allo scopo di salvaguardare la vita del suo popolo». Non un capopopolo, ma un Padre della patria «animato dalla forza dell’ideale e dalla fermezza delle convinzioni».
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