Opinioni

I perfidi «Roses» e il tributo all’amore da pagare in lacrime e sangue

Il film nelle sale è un ritratto feroce di un matrimonio in crisi. Niente di soprannaturale, solo due persone che si trasformano in caricature vendicative di loro stesse
La locandina del film «I Roses»
La locandina del film «I Roses»
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«Oggi vi invito ad andare al Cinema a vedere “I Roses”, l’imperdibile performance cinematografica dello Sciacallo quando s’impossessa delle persone e le conduce ai confini estremi dell’amore», direbbe la Giraffa. Il film è fresco di esordio, uscito nelle sale italiane il 27 di agosto, ed è la seconda trasposizione cinematografica (la prima, mitologica, targata 1989, protagonisti Michael Douglas e Kathleen Turner, regia di Danny De Vito) del celebre romanzo «La Guerra dei Roses» di Warren Adler.

In questa «pellicola», rimodernata, ironica e a tratti dark (del resto lo sceneggiatore è Tony McNamara ed il regista Jay Roac), gli straordinari Olivia Colman e Benedict Cumberbatch affrontano, alternando passione, amore, sarcasmo e crudeltà, il conflitto di coppia, finendo risucchiati nel vortice della forza distruttiva dell’altra faccia dell’amore.

«Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris, nescio, sed fieri sentio et excrucior», lamentava Catullo nel famoso Carme 85. Un lamento introspettivo che potrebbe essere quello dei protagonisti del film, se ne fossero consapevoli, ma, come in tutti i conflitti, la consapevolezza abbandona il campo di battaglia lasciando parlare la parte animale del nostro cervello ancestrale. Per avvocati, mediatori, terapeuti della coppia e per le coppie in crisi questo film è una lectio magistralis, anche e soprattutto in relazione a tutto ciò che non va fatto (se odiate gli spoiler fermatevi qui e passate all’asterisco).

La trama è semplice: Ivy Rose (Olivia Colman), cuoca talentuosa dedita alla famiglia e ai figli, coltiva serenamente la sua creatività fra le mura di casa, mentre il marito, Theo Rose (Benedict Cumberbatch) architetto di successo, prosegue indisturbato la sua ascesa professionale. Sembrano felici. Tutto il sistema è in equilibrio «omeostatico», come si dice in gergo. Improvvisamente, sopraggiunge quello che, sempre in gergo, chiamiamo «evento paranormativo»: un tifone. Un evento meteorologico che nella stessa sera muta la geografia delle loro vite. Lui viene messo all’indice e lei viene consacrata nell’Olimpo degli chef. I ruoli si invertono, lui diventa un mammo perfezionista (e frustrato), lei la titolare di una catena di ristoranti. Un ribaltamento dei ruoli che, come un gas venefico ed invisibile, fa esplodere una rivalità sotterranea rancorosa e piena di insoddisfazioni.

In questa pellicola c’è tutto. I tentativi di riconciliazione, gli errori madornali del terapeuta, le vendette domestiche, i sabotaggi emotivi e professionali, lo spaesamento dei figli. I Roses sono talmente uguali fra loro che la loro rivalità pare una danza al massacro reciproco che ingloba tutto e tutti: gli amici di una vita e questa casa, ultramoderna e robotizzata, che da simbolo del riscatto di Theo e dell’amore di Ivy, assume quasi le sembianze di un essere vivente antagonista. Perfino l’Epipen (autoiniettore di adrenalina) da salvavita diventa in mano loro un terribile strumento manipolatorio. Colman è spietata, Cumberbatch acrimonioso ma vulnerabile.

The Roses è un ritratto feroce (e spesso esilarante, grazie al pungente sarcasmo british) di un matrimonio in crisi. Niente di soprannaturale, solo due persone che si trasformano in caricature vendicative di loro stesse senza mai smettere di amarsi. Questo il paradosso. Come se l’amore fosse una creatura mitologica, che tutto divora e pretende un tributo in lacrime e sangue quando non viene adeguatamente e costantemente nutrita... e se fosse davvero così?

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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