Francesco come papa Montini: auspicava un mondo nuovo

Michele Bonetti
Il Pontefice, morto il 21 aprile a 88 anni, faceva proprio l’invito di Paolo VI alla responsabilità verso il bene comune
La consegna del Premio Paolo VI a Mattarella
La consegna del Premio Paolo VI a Mattarella
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Il mondo piange papa Francesco. Il cordoglio universale che si leva in queste ore induce a pensare al senso profondo della vocazione della Chiesa. Ciò porta anche a cogliere non casuali intrecci fra le storie dei pontificati: in particolare e singolarmente, fra quello del Papa argentino e quello del Papa bresciano. Una simile operazione non vuole essere un parallelo forzato, frutto di una lettura campanilistica. Papa Bergoglio si è rifatto tante volte al magistero di papa Montini, lo ha citato e lo ha sviluppato non per mero omaggio verso un predecessore, ma perché convinto dell’autenticità e della ricchezza del suo insegnamento, così come dell’attualità della sua ripresa, della sua modernità non scalfita dal tempo.

Bergoglio, come Montini, ha saputo abbinare due dimensioni imprescindibili per la missione della Chiesa. Si tratta, da una parte, della tradizione che ha costruito la sapienza secolare, colta e goduta nella sua integralità, senza finzioni, ma con la consapevolezza della sua forza e, al tempo stesso, della sua funzionalità alla grandezza di Dio. Si tratta, dall’altra parte, della innovazione, vale a dire la risposta della Chiesa ai segni dei tempi, che non significa apertura sconsiderata, ma capacità di intravedere e coltivare vie inesplorate di servizio ad una Parola che è antica e sempre nuova.

Papa Francesco, come papa Paolo VI, ha cercato di mettere insieme il tradizionale e il nuovo, di valorizzare il patrimonio di fede e umanità maturato e, al contempo, di lanciarlo verso un presente ed un futuro capaci di vedere sempre meglio l’uomo come centro, in quanto segno del Dio creatore. Ciò, partendo dalla coscienza di essere Chiesa per giungere al mondo come luogo dello spirito. Ed espressioni quali «per dare questa testimonianza, anche la Chiesa in quanto tale deve cominciare con l’evangelizzare sé stessa. Se la Chiesa non evangelizza sé stessa rimane un pezzo da museo» (udienza generale 22 marzo 2023) sono tipiche dello stile di Papa Bergoglio, ma non si può non riconoscere l’affinità con l’insegnamento di Papa Montini.

Bergoglio, come Montini, ha voluto e saputo sfidare le ostinazioni e le abitudini, a rischio di incomprensioni, ha offerto sé stesso, le sue sofferenze, per dare conto del mandato che ha ricevuto. Papa Francesco, come Papa Paolo VI, ha spinto verso un mondo nuovo, illuminato appieno da una fede esigente, coraggiosa e misericordiosa.

Consegnando, il 29 maggio 2023, il Premio Internazionale Paolo VI – dell’omonimo Istituto promosso dall’Opera per l’Educazione Cristiana di Brescia – al presidente della Repubblica italiana, Francesco faceva proprio l’invito di papa Montini alla responsabilità verso il bene comune: con lo stile, rimarcava Bergoglio, di andare controcorrente «rispetto al clima di disfattismo e lamentela, per sentire proprie le necessità altrui».

  • In Sala Clementina in Vaticano la consegna del premio Paolo VI
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Bergoglio, il Papa che ha risposto alle sfide che dal 2013 travolgono la nostra storia, ha molto in comune con Montini, il Papa che ha saputo guidare e concludere il Concilio Vaticano II, e ha molto ancora da dire a chi cerca il significato e la risposta alle domande di fondo della vita e dell’eternità.

Michele Bonetti, presidente Fondazione Giuseppe Tovini

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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