Elezioni Nord-est, il governo Meloni coglie una rosa e una spina

Alla destra di Governo gli ultimi due giorni hanno riservato una rosa e una spina: la prima, la vittoria storica alle comunali di Bolzano, roccaforte della Dc-Svp prima, di Svp e centrosinistra poi; la seconda, la decisione di Meloni di impugnare la legge della provincia autonoma di Trento sul terzo mandato (col no della Lega), aprendo così la via al divieto di nuovo mandato anche per il leghista friulano Fedriga (la cui giunta è sostanzialmente in crisi, con Forza Italia e Carroccio contro FdI), estendendo alle regioni a statuto speciale quanto deciso dalla Corte costituzionale per quelle ordinarie.
Cominciamo dalla conquista di Bolzano. La città è tradizionalmente divisa fra italiani di lingua tedesca e quelli che parlano la lingua ufficiale dello Stato, ma soprattutto è una sorta di «enclave» italiana (dal fascismo in poi, quando il regime mandò nel capoluogo altoatesino molte persone provenienti da altre regioni, per italianizzare la città) in un territorio circostante dove la minoranza tedesca (e la Svp che la rappresenta) è largamente maggioritaria.
Senza tornare agli attentati degli anni Sessanta contro l’Italia, va però ricordato lo scalpore che, alle politiche del 1987, suscitò il fatto che nel comune di Bolzano il Msi (cioè l’antenato di FdI) conquistò il primo posto col 25,66% dei voti, contro il 18,73% del Ppst-Svp e il 15,1% della Dc: i sudtirolesi di lingua tedesca (ma anche i partiti democratici italiani) videro con preoccupazione questa affermazione missina, segno di una frattura forte fra le due componenti linguistiche bolzanine che aveva radicalizzato il voto premiando l’estrema destra.
Con la Seconda Repubblica le cose non sono molto cambiate, perché per lunghi anni Svp e Pd hanno collaborato e governato insieme dove possibile, ma negli ultimi anni i dc sudtirolesi hanno cominciato a fare giunte locali con la destra e a intrattenere rapporti col governo per ottenere il ripristino di una serie di competenze autonomistiche. Stavolta, al ballottaggio fra Corrarati della destra e Andriollo del centrosinistra (finito 51 a 49 per il primo) la Svp si è tirata fuori dalla contesa, dicendo che non avrebbe sostenuto candidati italiani (però non ha appoggiato il centrosinistra, per evitare di mettere in crisi la giunta provinciale fatta con la destra).
In effetti, fra i quarantunomila voti ottenuti dai candidati sindaco al primo turno e i trentaquattromila del secondo la differenza è superiore ai seimila voti ottenuti dal sudtirolese Konder, che può aver ceduto comunque non più di duemila consensi a Corrarati (passato da 15 a 17,5mila) mentre Andriollo è salito da 11.326 a 16.778, pescando verosimilmente consensi anche nella civica «Io sto con Bolzano» con la quale non era stato raggiunto l’apparentamento e dal «Team K». In realtà, Corrarati (vincente nei quartieri "italiani" della città) non è il primo sindaco di destra, perchè Benussi vinse venti anni fa ma governò solo per un mese.
L’attuale vittoria della destra (con un’astensione record: ha votato solo il 42% contro il 52,2% del primo turno) ci restituisce un panorama molto frammentato, nel quale in un campo spicca il predominio di FdI (7 seggi contro due ciascuno di Lega e FI e i sei della civica del sindaco), nell’altro quello del Pd (6 seggi contro quattro dei verdi e due di una civica) mentre la Svp è comunque il primo partito col 16,1% dei voti e 7 consiglieri comunali. Per far nascere la giunta Corrarati la destra (17 seggi) dovrà raggiungere quota 23 su 45, quindi dovrà imbarcare per forza quella Svp che si era tatticamente lasciata le mani libere (e che farà pesare l’appoggio).
Per un risultato che Meloni può incassare, infrangendo il tabù della Bolzano antifascista, c’è la spina dell’impugnazione davanti alla Consulta del terzo mandato per la provincia di Trento (presieduta dal leghista Fugatti): è stato un modo per prendere alla larga la questione del terzo mandato del presidente friulano Fedriga, ma la Lega (che guida anche la regione Friuli-Venezia Giulia) ha capito bene il messaggio, tanto che ha votato contro in Consiglio dei ministri. Si apre, così, la grande battaglia per ridisegnare la mappa del potere locale al Nord, dopo che FdI è diventata il partito egemone della coalizione (e rivendica, giustamente, almeno una regione fra Veneto e Lombardia, facendo magari un pensierino al Friuli dove però si potrebbe accontentare Forza Italia, il tutto a scapito della Lega che un tempo era dominante e oggi ha un quarto dei voti della Meloni).
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