Donald-Maga, sul caso Epstein si consuma la prima frattura

Se prima l’intento del presidente americano era quello di andare contro il Deep State, ora non è più così dopo la minaccia di rendere pubblica la «lista Epstein»
Donald Trump e una vecchia foto di Maxwell ed Epstein
Donald Trump e una vecchia foto di Maxwell ed Epstein
AA

La nemesi: chi di «lista Epstein» ferisce, ne potrebbe anche perire. Non sarà così per Donald Trump, ma intorno a questo famigerato elenco fantasma si sta consumando la prima crepa autentica fra il movimento Maga e il suo leader idolatrato e indiscusso. Uno dei punti «qualificanti» tra le mirabolanti promesse del Carnevale populista del presidente degli Stati Uniti – in questo caso nella sua versione più cupa – era stato quello di andare fino in fondo contro il cosiddetto Deep State, colpendolo attraverso il «caso» di Jeffrey Epstein. Ed ecco, allora, che il procuratore generale Pam Bondi si era affrettata ad affermare che avrebbe resi pubblici gli elenchi dei frequentatori e dei «clienti» del finanziere attivo nel traffico sessuale di minori.

Una dichiarazione salutata con tripudio e giubilo dai militanti-leoni da tastiera pronti a pregustare la possibilità di vedere messi nero su bianco i nomi dei componenti di quella che la retorica cospirazionista della destra neopopulista e dell’alt-right indicava da tempo quali adepti di una setta pluto-satanico-pedofila, tutti (o quasi) di orientamento liberal, supporter del Partito democratico, con al vertice i Clinton e gli Obama e vari miliardari. Un plot da film horror nel quale le élites odiate dagli elettori di (ultra)destra di estrazione popolare venivano associate alle nefandezze più immonde, generando un format di storytelling politico utilizzato a più riprese dallo stesso Trump, e generalizzato nel discorso pubblico dal filone di Qanon.

Ma mentre il popolo Maga attendeva trepidante sono arrivati i rimbrotti e i negazionismi (anche qui...) di Trump in persona, che ha derubricato l’idea a poco meno di una sciocchezza, e se l’è presa direttamente con la fedelissima Bondi. Per la ragione non di dettaglio che Trump è stato, in una certa fase, un habitué delle feste sull’isola proibita del magnate-lenone suicida (e anche su questa stranissima morte, avvenuta in cella nel 2019, sono fiorite le ipotesi cospirative più varie). E la reazione del «Capo» è andata in crescendo, fino agli insulti durissimi nei confronti di alcuni internauti Maga che avevano esternato la loro delusione e frustrazione, estesasi ad alcuni big del movimento, da Steve Bannon all’influencer Laura Loomer, che hanno iniziato ad avanzare critiche nei confronti dell’«idolo supremo».

Jeffrey Epstein
Jeffrey Epstein

Nel frattempo, mettendosi a recitare, come al solito, tutte le parti in commedia, Trump ha querelato per la cifra-monstre di 10 miliardi di dollari il Wall Street Journal – reo, giustappunto, di associarlo a Epstein – , ma ha anche «riabilitato» da pochissimo Bondi, spingendo il Dipartimento di Giustizia a chiedere di desecretare le trascrizioni del Gran Giurì sull’affaire, per recuperare consensi in mezzo all’ala delusa del suo popolo. Siamo, dunque, di fronte a una vera e propria nemesi, perché le «mancate risposte» e il comportamento di Trump stanno generando frustrazione e irritazione in più di qualcuno dei suoi «legionari antemarcia» fra la gente comune.

Si tratta di un’ennesima conferma del regime di postverità divenuto onnipresente e capillare con questo ritorno alla Casa Bianca, e della manipolazione della realtà in maniera puramente strumentale da parte del tycoon-presidente. Come pure di un esempio del funzionamento della forma mentis degli adepti del complottismo. Un fenomeno classificabile anche alla stregua di un «delirio a bassa intensità», basato sulle «profezie che si autoavverano», e che procede pertanto secondo una paradossale logica di inesorabilità, fino alla fine, pretendendo di giungere alla dimostrazione «veritiera» dei propri pregiudizi e dei propri assurdi bias di conferma.

Trump, da immane apprendista stregone, ha evocato e titillato i «demoni complottardi», ma «al dunque», in una vicenda da cui è stato lambito direttamente, si è defilato, arrivando a scagliarsi con veemenza contro «i suoi» che esigevano «trasparenza» sulla vicenda. Sicuramente la cicatrice verrà ricucita, ma questa è per l’appunto la prima frizione significativa fra il «comandante-in-capo» e una parte della sua galassia di sostenitori, e va quindi osservata con grande attenzione negli sviluppi potenziali. Uno dei quali è già chiaro: c’è vita oltre il Maga. Soltanto che non è precisamente «buona vita», ma un estremismo perfino più assoluto e integralista. Non sembrava possibile, e invece nell’America trumpizzata succede anche questo...

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.