Trumpismo e politica interna: la sfida di Giorgia Meloni

La rapidissima evoluzione della situazione geopolitica impressa dalla presidenza trumpiana ha delle evidenti conseguenze di politica interna. Vale per molti Paesi (la Germania in procinto di votare proprio domani) ma sembra valere soprattutto in Italia: sia sul versante della maggioranza di centrodestra che su quello dell’opposizione di centrosinistra. Partiamo dalla maggioranza. Oggi Giorgia Meloni interverrà con un video messaggio alla convention repubblicana insieme all’argentino Javier Milei, allo spagnolo Santiago Abascal, al britannico Nigel Farage.
Le sue parole saranno esaminate con molta attenzione, data la non facile condizione in cui si trova: vicina politicamente a Trump che ha rovesciato a quella politica di Biden sull’Ucraina che l’Italia ha sostenuto, ma anche incardinata in un’Europa che si ritrova messa in crisi dal suo alleato transatlantico. A rendere ancora più scomoda questa situazione, c’è il fatto che il suo alleato di Governo e vice premier Salvini non esita a dichiarare con enfasi e senza cautele diplomatiche la propria adesione alla politica di Trump in polemica con l’Ue e i suoi vertici. Più Salvini spinge, più crea politicamente un problema a Meloni, a Tajani, alla maggioranza, in definitiva al Governo.
Ma c’è un altro personaggio politico che non esita a proclamare la giustezza della linea americana, ribadendo di essere sempre stato contrario al «bellicismo» di chi ha aiutato anche con le armi gli ucraini aggrediti dai russi. Questo personaggio politico è Giuseppe Conte il quale, a sua volta, più spinge in questo atteggiamento più mette in crisi la sua tribolata alleanza con il Pd. Elly Schlein, un po’ come Meloni, per il momento non ha stigmatizzato le dichiarazioni di Conte e del M5s ma sa benissimo che esse hanno ormai definitivamente sepolto il cosiddetto «campo largo», peraltro già in pessime condizioni di salute.
Insomma, le onde che provengono da Washington stanno mettendo a dura prova sia l’uno che l’altro schieramento perché hanno galvanizzato due partiti, la Lega e il M5s, il cui obiettivo è evidentemente quello di cavalcare l’onda. Non a caso sono entrambi partiti da anni in crisi elettorale, ormai lontanissimi dai passati fasti, quando videro la quota stellare del trenta per cento dei voti. Oggi invece Salvini è di fronte ad una Meloni che sul tetto del trenta per cento ci sta saldamente, mentre Conte ha fallito l’impresa di togliere al Pd il primato nell’opposizione. Verrebbe da dire che è una riedizione di quel governo «giallo-verde» che li vide alleati e sodali quando pensavano di essere gli indiscussi dominatori del campo politico italiano.
Ora che quelle speranze sono state frustrate, il tentativo è riprendersi la scena l’uno grazie al trumpismo trionfante, l’altro riconquistando uno spazio politico nel pacifismo ostile all’Ucraina di Zelensky. Stiamo insomma assistendo ad una dinamica che potrebbe in un futuro non molto lontano provocare serie conseguenze sull’assetto politico come sulla linea di politica estera del nostro Governo. È per questo che è importante vedere come la presidente Meloni si indirizzerà nel groviglio in cui le circostanze l’hanno posta.
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