Dal dialogo alla rottura: le relazioni pericolose tra Londra e Mosca

Si sa che i rapporti tra gli Stati possono avere momenti di difficoltà, causati da problemi di carattere economico, commerciale, politico e strategico. In un mondo interconnesso come quello odierno, poi, i motivi di scontro possono originare anche tra stati lontani tra loro.
Di recente, le relazioni diplomatiche tra Regno Unito e Russia sono collassate: l’inizio del processo a Londra contro tre presunte spie russe agenti nel paese pare evidenziare un legame oramai spezzato, al di là delle colpe degli imputati. Da tempo i due paesi si considerano nemici.
Non era un destino scritto, però. All’inizio degli anni Duemila, Putin (da poco giunto al potere) identificò Tony Blair (l’allora primo ministro britannico) come colui che avrebbe facilitato il suo ingresso sulla scena mondiale: Blair era un leader moderno, esperto di media, con maggiori probabilità dei suoi colleghi contemporanei occidentali di rimanere in carica a lungo, in buoni rapporti con gli Usa e membro dell’Unione Europea, e interessato ad aumentare i rapporti economici tra i due paesi. Ne derivarono incontri ad alto livello, nonostante qualche crepa emergesse per la decisione di Londra di sostenere la guerra in Iraq e le pretese egemoniche statunitensi.
Tra il 2003 e il 2008, tuttavia, le relazioni bilaterali peggiorarono velocemente, quando Londra non estradò in Russia un opponente di Putin (Boris Berezovsky) e assistette all’avvelenamento mortale di un altro dissidente, Aleksander Litvinenko. Fu dopo l’elezione di Barack Obama quale presidente Usa che, sempre per ragioni economiche e geostrategiche, le relazioni britanniche con la Russia migliorarono, avendo deciso il governo britannico di accogliere la politica aperturista verso Mosca dettata dalla nuova leadership statunitense.
Le vicende legate alla Crimea e alla guerra in Ucraina dal 2014 in avanti hanno segnato l’inizio di una decade di rapporti sempre peggiori, con il Regno Unito alla testa delle politiche anti-russe della comunità internazionale. Già in quel 2014 Londra spinse per la sospensione di Mosca dal G8 (marzo 2014) e per l’imposizione di sanzioni occidentali anti-russe; e sostenne la decisione NATO di rafforzare la propria presenza sul territorio dei suoi membri orientali. Del resto, la percezione dei russi che il Regno Unito sia una potenza di livello inferiore al proprio ha fatto sì che, in questi anni, essi siano intervenuti nella politica interna britannica (quando ne hanno avuto modo) e abbiano mostrato la propria superiorità strategica (quando ritenuto necessario).
Gli analisti russi da tempo ritengono che il Regno Unito cerchi di compensare il declino della sua influenza accreditandosi come principale alleato degli Stati Uniti, spingendo i membri europei della Nato a sostenere le politiche statunitensi per aumentare la propria influenza a Washington. In tal senso sembrerebbe, in effetti, intendersi l’impegno posto da Londra nel sostenere l’Ucraina contro la Russia dopo il 2022, in un momento in cui l’amministrazione Biden ha favorito tale strategia.
Il vero problema è che, con l’uscita di scena di Biden e il ritorno di Trump, il pericolo per Londra è di trovarsi con il classico «cerino in mano».
Se Washington dovesse migliorare i rapporti con Mosca, i britannici rischierebbero di dover fare i conti con l’inimicizia russa con il solo sostegno dell’Europa comunitaria, dalla quale, però, sono usciti otto anni fa e che non possono più influenzare dall’interno. Insomma: l’ennesima difficoltà per il governo laburista di Keir Starmer, già molto sotto pressione.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
