Cipro turca fra le mire di Ankara e il sogno federale e europeista

Un potente leader politico ha pensato e, in modo mascherato sotto forma di «acquisto», detto di voler fare della Groenlandia il cinquantunesimo membro degli Stati Uniti d’America. La Danimarca ha reagito duramente, con la premier Mette Frederiksen che ha definito la proposta «assurda». L’Europa, giustamente, si è allineata con la Danimarca.
Altro, pur se assai meno potente leader – ma di fatto portavoce di un potente presidente – all’indomani di una elezione (19 ottobre) i cui risultati non gli hanno garbato, ha dichiarato, questa volta senza mezzi termini, «per Cipro turca è questione di vita o di morte divenire l’ottantaduesima provincia». Il leader in questione è Devlet Bahceli, capo del Partito nazionalista turco. Il presidente, del quale è fedele alleato e di cui riporta il pensiero, è Tayyip Erdogan. Il Paese di cui Cipro turca dovrebbe divenire la provincia numero 82 è, appunto, la Turchia.
«Cipro turca è turca, è la patria dei turchi, il percorso verso il federalismo è disseminato di mine antiuomo». Poi l’affondo: «Ho invitato il parlamento turco-cipriota a riunirsi urgentemente, a dichiarare inaccettabile il risultato delle elezioni e a decidere di aderire alla Turchia». Il parlamento cui si riferisce è quello eletto nel 2022, il cui rinnovo è previsto per il 2027. Pretesto per la richiesta: il tasso di partecipazione alle elezioni del 65 per cento, giudicato da Bahceli insufficiente.
Questa volta, le reazioni internazionali, pur di fronte ad un esplicito invito all’annessione, si sono fatte mancare. A suscitare un tanto inalberarsi, non proprio rispettoso dei principi della democrazia, è il 63 per cento di consenso elettorale con il quale Tufan Erhurman è stato eletto presidente della Repubblica del Nord di Cipro, stato privo di riconoscimento internazionale, ad eccezione della Turchia, la cui ambasciata si erge di fronte al Parlamento, a mo’ di nume tutelare. Il maggior contendente di Erhurman, Ersin Tatar, presidente uscente e in cerca di rielezione, non è andato oltre il 36 per cento.
NEW: Strong criticism of EU by new pro-federal solution Turkish Cypriot President Erhurman after Brussels latest statements on #Cyprus
— Andrew Hopkins (@achopkins1) November 5, 2025
- disregard for legitimate rights of Turkish Cypriots
- EU reluctant to engage in any dialogue
- ignores some previous UN calls/current efforts https://t.co/OqI5gOGtOe pic.twitter.com/ChIp3l5dyb
Ma cosa divide i due? O meglio, cosa risulta tanto indigesto alla Turchia? L’argomento è in sé nobile: il federalismo. La cui altra faccia è la soluzione a due Stati. Erhurman, nella campagna elettorale, si è prodigato nel sostenere il modello federalista, proponendosi di avviare colloqui in tal senso con il presidente della Repubblica di Cipro Nikos Christodoulides, Stato a sua volta non riconosciuto dalla Turchia, la quale vi si riferisce come «amministrazione greca». Fino al 2017, ossia fino al fallimento dei colloqui di Crans, la Turchia accettava l’idea federale. Un modello detto delle «due zone e due comunità».

Successivamente lo ha abbandonato a favore dei due Stati. Di qui l’incondizionato sostegno di Erdogan a Tatar. Erhurman, con coraggio, è andato addirittura oltre il modello delle due zone e due comunità. In sostanza lo ha semplificato, limitandolo alle due zone. Il suo progetto prevede pari poteri e responsabilità in cinque aree critiche: sicurezza, energia, giurisdizione marittima, rotte commerciali e cittadinanza. Su quest’ultimo tema intende superare le contrapposte identità greco-cipriota e turco-cipriota, proponendo la cittadinanza dell’Unione Europea.
Erdogan, per ora, si è limitato alle congratulazioni di rito, invitando il neo-presidente ad Ankara, per «discussioni in dettaglio». Il suo vice si è premurato di ricordare come la Turchia sia la madrepatria di Cipro-turca. Erhurman, dal canto suo, nel discorso di insediamento (25 ottobre) ha scelto la cautela: «Il rapporto tra la Turchia e noi è speciale, non può essere paragonato a quelli tra due Stati qualsiasi». Non ha commentato l’uscita di Bahceli. Non può permettersi neppure di tacciarla come «assurda». Dietro di sé ha solo i suoi 87mila elettori. Di fronte l’esercito turco, forte di 100mila uomini.
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