La resistenza ucraina pagata a caro prezzo

Decine di persone sono morte a causa di due missili russi durante la Domenica delle Palme
I soccorsi all’ospedale bombardato di Sumy - © www.giornaledibrescia.it
I soccorsi all’ospedale bombardato di Sumy - © www.giornaledibrescia.it
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La strage di civili causata da due missili russi la Domenica delle Palme a Sumy ha riportato drammaticamente l’attenzione mediatica sull’Ucraina. Mosca dichiara che l’obiettivo era una riunione di militari in un palazzo vicino: un palazzo storico in effetti è stato colpito, ma la sua solida struttura lo ha tenuto in piedi e l’effetto delle esplosioni si è scaricato all’esterno, mietendo decine di vite innocenti nei pressi della chiesa.

Al di là dell’obiettivo dichiarato (peraltro di valore strategico modesto, forse una cerimonia di consegna di decorazioni a militari non di alto grado) è evidente che Mosca ha messo in secondo piano la certezza di danni collaterali.

La scelta certo non è rara, ma poco opportuna in un momento in cui le faticose trattative di pace paiono favorevoli ai desiderata del Cremlino. O Putin si sente talmente sicuro dell’atteggiamento di Washington da voler demolire il morale già provato degli ucraini, in crisi sul campo da oltre un anno, per guadagnare nuovi territori.

Anche perché nella asserita spartizione post bellica tipo Germania 1945 «buttata lì» e poi smentita dal mediatore Usa Keith Kellog è palese che la buffer zone (zona cuscinetto) sarebbe interamente in territorio ucraino, riducendo ancor di più l’essenza stessa dello stato ucraino.

Sul fronte, però, l’avanzata russa che tra settembre e febbraio pareva travolgente è rallentata vistosamente: l’impressione è che Mosca si sia preoccupata di consolidare le posizioni in vista di un’offensiva di primavera che, peraltro, secondo il comandante delle forze ucraine Syrsky sarebbe già cominciata.

Lo indicherebbero i movimenti offensivi in zone del fronte sinora quasi «trascurate»: del resto nei settori di Pokrovsk, Toretsk e Chasiv Yar, date per spacciate già a gennaio i russi non hanno completato le operazioni e si segnalano molti scontri (specie urbani affidati a forze speciali e battaglioni droni) e addirittura qualche pur limitato contrattacco ucraino.

Le teste di ponte incuneate dai russi al di là del fiume Oskil, fissate dagli ucraini, non sono state foriere di ulteriori avanzate; più «produttiva» è stata quella al di là del fiume Jerebez a Makivka, che consente di muovere in direzione di Ivanyvka e Katerinivka.

Le unità di Mosca ora sembrano cercare un varco nei territori meno difesi sotto Kopanki per attaccare da altra direzione il fronte di Lyman, pesantemente fortificato.

Il territorio dell’oblast di Dnipro, dunque, non è stato raggiunto, anche se ormai si trova a pochissimi km. Si segnalano però la continua rotazione di reparti russi (mentre resta cronica la carenza ucraina di forze fresche) e il concentramento di brigate nelle immediate retrovie del fronte, pronte a sfruttare eventuali varchi per portare l’offensiva verso Sloviansk e Kramatorsk le due grandi città che mancano alla conquista dell’oblast di Donetsk, regione che peraltro Mosca pretende come annessa.

Anche a Nord di Sumy, le forze di Mosca, dopo aver cacciato al 95% (complice il blackout out della ricognizione Usa per dieci giorni) gli ucraini dal Kursk, sembrano non insistere nell’avanzare in territorio ucraino. Come sostanzialmente fermo appare a Sud il fronte di Zaporizhzhia.

Frenetica appare invece l’attività ucraina (con l’arrivo di centinaia di scavatori acquistati in crowfunding) di apprestamento di linee difensive con denti di drago anticarro e trincee profonde e chiuse, per proteggersi dai droni suicidi e dalle bombe plananti.

È dunque sempre più una lotta contro il tempo: Mosca vuole più stati di fatto e Kiev cerca di fortificare le difese per evitare che con la bella stagione si aprano ampi varchi in cui potrebbero riversarsi grandi unità nemiche.

Tempo che mette sempre più in ginocchio anche la demografia: l’età media dei soldati ucraini è 43 anni, quella russa di 35.

E Kiev non ha mai ordinato la mobilitazione dei cittadini tra 18 e 24 anni certo pensando all’orizzonte 2040: la popolazione infatti era di 43 milioni nel 2022. Oggi 7,5 milioni sono rifugiati all’estero e 6,5 in territori occupati dai russi. E nel 2024 sono nati 87mila bambini, contro i 164mila del 2018.

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