Borghi da tutto esaurito a rischio spopolamento

A Ferragosto i paesi di montagna tornano ad essere vivaci e vissuti come ai bei tempi. Per una settimana, poi si svuotano. Porte e finestre sbarrate. Pochi restano, in prevalenza anziani. Ogni anno sono sempre meno quelli che tornano, perché i legami territoriali e familiari nel tempo lungo si sfibrano, mentre cresce sempre più il numero dei borghi che si spopolano.
Nella seconda metà del Novecento il fenomeno riguardava soprattutto il Sud d’Italia, oggi invece investe il Nord. Nel Mezzogiorno i paesi sparsi sono già stati abbandonati da tempo. Secondo l’ultimo rapporto Istat, i piccoli Comuni a rischio desertificazione sono cinquecento. In testa a questa classifica negativa sta il Piemonte, ma anche la Lombardia e il Bresciano ne sono parte significativa.
Non è un fenomeno esclusivo delle zone montane, ma è lì che si manifesta nella forma più evidente. Qualche dato per dare un contorno alla questione. Dei 7.896 Comuni italiani, 5.521 hanno meno di 5 mila abitanti.
Negozi chiusi
Le stime di Confesercenti dicono che in questi paesi, in dieci anni, sono state chiuse 26mila attività commerciali di base, come negozi di alimentari e bar, ma anche ferramenta, prodotti elettrici e elettronici, per non parlare di cartolerie, librerie, edicole, che già sono rare nei centri maggiori. Spesso sono lontani anche i punti commerciali della grande distribuzione che hanno in gran parte sostituito i negozi di prossimità nelle zone più densamente abitate. La conseguenza è che oltre 23 milioni di italiani hanno difficoltà ad accedere ai servizi essenziali, dal distributore di carburante alla Posta, dallo sportello bancario al fornaio. Sono oltre duecento i Comuni italiani dove non c’è neppure un punto-vendita di qualsiasi genere.
Gli abitanti se ne vanno e i paesi fanno fatica a tirare avanti. Si potrebbe valutarne gli effetti anche considerando la difficoltà di presentare candidature ad ogni appuntamento elettorale. Per i centri più piccoli la presenza, talvolta fortunosa, di una lista sola per votare sindaco e consiglio comunale non è tanto una disaffezione alla politica quanto un oggettivo limite a trovare persone.
Come arginare lo spopolamento?
Come fare fronte ai problemi da esso creati? La soluzione italiana finora è stata soprattutto di ordine burocratico-amministrativo. Si è cercato di creare consorzi, promuovere collaborazioni, allestire reti di servizi. Qualche buon risultato è stato raggiunto, più sull’efficienza dei servizi pubblici, però, che nell’arginare l’emorragia. Negli ultimi tempi si è anche guardato ad una possibile «soluzione tecnologica». Telelavoro, connessione veloce, web che supera distanze e tempi. In parte funziona, ma non si può vivere di solo web. Ammesso che sia possibile, perché le reti di connessione veloce nelle aree più disagiate non sono ancora arrivate e anche per Internet la geografia e la densità abitativa sono elementi vincolanti. Tanto per dire, un conto sono le prestazioni di Amazon e Zalando, o Deliveroo e Glovo, se abiti in città o nei centri ben collegati e un conto se stai ai margini di un’enclave valligiana.
Il cane che si morde la coda: chiudono gli uffici postali, gli sportelli bancari, i negozi e i bar perché la popolazione cala, ma gli abitanti se ne vanno anche perché negozi e servizi chiudono. A questo circolo vizioso sembra stia riuscendo a porre rimedio un progetto diffuso avviato in Francia, dove il governo ha stanziato 8 miliardi di investimenti per aprire e garantire piccoli centri multiservizio nei micro Comuni. Lo chiamano progetto «Mille Cafè» perché il caffè, come punto di riferimento, fa da sostegno a sportelli di banca, posta, servizi sociali di base e quant’altro in base alla dimensione del borgo. Si cerca di dare un profilo minimo garantito ai livelli della vita personale e sociale.
Gli obiettivi
La Regione Lombardia da qualche anno sta guardando con interesse a progetti e iniziative della Svizzera. Soprattutto nelle zone di confine, tra il Canton Ticino e il Varesotto, si sono avviate collaborazioni transnazionali come Governa TI-VA. Puntano soprattutto a tre obiettivi per uno sviluppo futuro: valorizzare il patrimonio naturale e storico, incrementare (dove si può) il turismo stanziale, ma soprattutto migliorare la qualità di vita dei residenti. Quello svizzero è un piano che ha esperienza consolidata ed è organizzato come un orologio, oltre a poter contare su risorse pubbliche e private ben diverse dalle nostre. Ma non è facile neppure per loro invertire la tendenza a lasciare il borgo natìo.
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