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Antonio Scurati, l’intellettuale diventato alfiere dei progressisti

Con Fratelli d’Italia al potere e la sinistra partitica in difficoltà, il suo antifascismo letterario ha incarnato quello politico
Antonio Scurati- Foto Philippe Matsas Flammarion
Antonio Scurati- Foto Philippe Matsas Flammarion
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Nell’Italia della polarizzazione fra destra e sinistra c’era una domanda inespressa. Quella, dopo l’arrivo degli eredi del Movimento sociale italiano al governo, di una cultura che si facesse anche cultura politica, vista la difficoltà della sinistra di produrne una all’altezza delle sfide poste da questi tempi trionfali del neopopulismo di destra. Di qui l’esplosione di quello che molti giornali e media hanno definito il «fenomeno Scurati», e la sua conversione in intellettuale pubblico portabandiera di un sentiment generale di orientamento progressista.

Antonio Scurati, professore universitario e collaboratore-editorialista di varie testate, si è trasformato anche in uno scrittore best-sellerista con la pubblicazione, nel 2018, di M. Il figlio del secolo (Bompiani) sugli esordi di Benito Mussolini. Un libro che ha dato origine alla quadrilogia di M. (le cui tappe successive sono state L’uomo della Provvidenza; Gli ultimi giorni dell’Europa; L’uomo del Destino) e che lo ha reso, altresì, un conosciutissimo esponente del romanzo documentario di questi nostri anni.

Un successo ulteriormente amplificato da quello della miniserie televisiva Sky tratta dal «primo capitolo» della sua saga editoriale con Luca Marinelli nelle vesti del capo del fascismo. Ma, al di là del suo talento narrativo e delle abilità come storyteller, il «fenomeno Scurati» si spiega con l’essere riuscito, per capacità e anche con una certa dose di casualità fortunata, a interpretare una fase dell’odierno spirito del tempo.

Con Giorgia Meloni presidente del Consiglio e il suo partito Fratelli d’Italia diventato la prima formazione politica del Paese, Scurati si è ritrovato a incarnare l’intellettuale d’opposizione per antonomasia proprio attraverso le sue scelte di romanziere. Un antifascismo letterario che finisce per incarnare quello politico invocato da una parte dell’opinione pubblica, immediatamente ri-cavalcato da una minoranza parlamentare e da gruppi dirigenti della sinistra politica troppo spesso a corto di idee proprie e affannosamente alla ricerca di qualche suggestione culturale (o identitaria) a cui aggrapparsi.

E, infatti, ad amplificare ulteriormente e consacrare in via definitiva il fenomeno è stato quello che si può etichettare, nella fattispecie, anche come il notissimo «affaire Scurati». In occasione del 25 aprile 2024, lo scrittore e accademico avrebbe dovuto tenere un monologo all’interno del programma di Serena Bortone «Che sarà», allora in onda durante il week end su Rai 3. All’ultimo, tuttavia, a sua insaputa, l’intervento di Scurati sull’antifascismo è saltato, ovvero è stato deliberatamente cancellato e, dunque, censurato.

Come aveva rivelato la stessa Bortone, mentre si consumava una ridda di giustificazioni e un balletto di smentite sempre più discutibile e insostenibile, che andava dalla questione del compenso a ipotetici qui pro quo e malintesi (fino ad alimentare un assurdo clima veramente da «commedia all’italiana»). Ma la Rete, da un lato, e gli inviti in piazza, dall’altro, hanno consentito a Scurati di aggirare il veto di quella che si può tornare a chiamare la «tv di Stato». Dimostrando come, nell’epoca della disintermediazione dell’ecosistema mediale ibrido e della viralità internettiana, la censura sia divenuta praticamente (e fortunatamente) quasi impossibile. E producendo l’effetto boomerang per i dirigenti Rai «più realisti del re» di avere alimentato ancor di più, loro malgrado, il «fenomeno Scurati».

Massimiliano Panarari - Sociologo della comunicazione, Università di Modena e Reggio Emilia

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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