Scurati: «Narro il fascismo attraverso i fascisti e attraverso i fatti»

Antonio Scurati arriva oggi (mercoledì 26 febbraio) a Brescia per parlare di «M. L’ora del destino» (Bompiani, 672 pp., 24 euro), il quarto volume della serie di «romanzi documentari» su Mussolini e l’Italia del fascismo iniziata nel 2018 con «M. Il figlio del secolo» (Premio Strega 2019, ora anche serie tv su Sky) e destinata a concludersi in aprile con «M. La fine e il principio».
Alle 18, Scurati sarà ospite dei missionari saveriani nella chiesa di San Cristo, in via Piamarta 9. Parlerà dell’Italia in guerra, cuore della narrazione che inizia il 28 giugno 1940 con la morte di Italo Balbo e termina con l’arresto del Duce il 25 luglio 1943. È inevitabile, tuttavia, che le ombre di ieri si allunghino sulle spinte autocratiche di oggi. Anche di questo abbiamo parlato con lo scrittore.
Scurati, lei racconta «il fascismo attraverso i fascisti», ma la condanna senza appello delle guerre volute da Mussolini traspare con chiarezza.
Raccontare il fascismo attraverso i fascisti non significa affatto parteggiare per i fascisti. Al contrario. E non è il mio personale giudizio a trasparire bensì i fatti storici a risaltare. Sono i fatti, prima ancora che le intenzioni e le opinioni sottostanti, a condannare in maniera definitiva e inappellabile la sciagurata politica di Mussolini. Io mi sono impegnato a narrare la guerra fascista su tutti i fronti, ben 5, verso i quali il Duce del fascismo inviò i suoi concittadini, i nostri nonni, male armati, malissimo equipaggiati, pessimamente comandati, riluttanti a combattere, disorganizzati prima e abbandonati poi, a uccidere e a morire. E non va dimenticato che prima di diventare vittime della violenza essi, per volontà di Mussolini, furono carnefici. Su tutti quei 5 fronti di guerra fummo invasori, aggressori e su tutti sconfitti.
Molti capitoli raccontano i colloqui tra Hitler e Mussolini: quanto pesò la rivalità tra i due dittatori nel determinare le sorti dell’Italia?
Moltissimo. Mussolini fu il maestro di fascismo di Hitler. Per questo motivo, Hitler lo ammirò sempre e sempre gli rimase personalmente fedele. Ma quando si ribaltarono i rapporti di forza tra i due alleati, Mussolini sviluppò una perversa rivalità mimetica nei confronti della Germania nazista: la temeva (ne era a volte terrorizzato perché scorgeva bene il volto demoniaco del nazismo) e al tempo stesso la emulava. Da questo doppio legame discesero scelte sciagurate per l’Italia e per il mondo.
Descrive un Mussolini convinto che le guerre del Ventesimo secolo «non si vincono con le armate ma con le ideologie». Sbagliava?
Mussolini non fu mai davvero interessato a comprendere la guerra e le specifiche questioni militari. Pretese di condurre il suo popolo nella carneficina di una guerra mondiale senza mai studiare i dossier e senza alcuna competenza. Era convinto di poter giocare anche Hitler al tavolo dell’astuzia politica. Un abbaglio madornale, una supponenza grottesca e tragica, possibile soltanto per un uomo che aveva ridotto la sua gente a un popolo di succubi e idolatri credendo al proprio mito. Accade con i dittatori. Accade quando si liquida la democrazia e la dignità degli individui.
Cinismo e incompetenza: insiste su questi due tratti che caratterizzarono le scelte del Duce. Li ha trasmessi in eredità agli attuali populisti di estrema destra?
No, cinismo e incompetenza si ritrovano anche in movimenti ed esponenti politici con identità diverse. Ciò che accomuna fascismo nazionalista e populismo sovranista sono altre cose: una leadership che segue gli umori dei popoli invece di orientarli, il mito politico sostituito alla razionalità, la politica della paura sostituita a quella della speranza, la distruzione della verità tramite la propaganda, la brutale semplificazione della complessità della vita moderna, la sistematica costruzione di un nemico immaginario a cui ridurre ogni problema politico. Cose del genere.
Dopo tanti anni di «convivenza» con Mussolini, qual è il suo pensiero sul dittatore?
Era un uomo cavo, vuoto, privo di idee, principi, strategie, convinzioni, lealtà proprie. Aveva un fiuto animale per gli umori del popolo, se ne riempiva e soffiava su di essi. Esercitava con successo di spregiudicato e abilissimo politicante la supremazia tattica del vuoto. Ma al di là di quella, il nulla. Anche in questo, forse soprattutto in questo, Mussolini fu l’archetipo di ogni successivo leader populista.
Ha compreso più a fondo i motivi del suo consenso?
Il consenso, purtroppo, fu precoce, vasto, duraturo. Moltissimi italiani lo idolatrarono. Lo idolatrarono e poi lo massacrarono, fino a scempiarne il cadavere. La sua ombra ci accompagna.
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