Italia e Estero

Yara, «omicidio maturato in un contesto di avances respinte»

Le motivazioni della sentenza: «Lo provano il Dna e la presenza sul luogo del delitto»
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È «la presenza del profilo genetico» di Massimo Bossetti e «la sua collocazione a provare che egli è l’autore dell’omicidio». Questo è un dato «privo di qualsiasi ambiguità e insuscettibile di lettura alternativa, né è smentito, né posto in dubbio da acquisizioni probatorie di segno opposto e, anzi, è direttamente confermato da elementi ulteriori, di valore meramente indiziante, compatibili con tale dato e tra di loro».

È questa l’architrave delle motivazioni della sentenza che il primo luglio scorso ha condannato Bossetti, carpentiere e muratore di 45 anni, sposato e padre di tre figli ancora minorenni, per l’omicidio di Yara Gambirasio, scomparsa di casa il 26 novembre del 2010 da Brembate di Sopra e trovata uccisa in un campo di Chignolo d’Isola, a qualche chilometro di distanza dopo tre mesi in cui l’intero Paese era piombato nell’angoscia.

In 158 pagine il presidente della Corte d’assise di Bergamo, Antonella Bertoja, e il giudice a latere Ilaria Sanesi, definiscono il delitto della ginnasta adolescente un «omicidio di inaudita gravità», «maturato in un contesto di avances a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado di scatenare nell’imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova ad allora». Spiegano che l’aggravante delle sevizie e crudeltà «disvela l’animo malvagio» dell’imputato.

Il Dna di Ignoto 1, figlio illegittimo dell’autista di autobus Giuseppe Guerinoni, morto nel ’99, che poi sarà identificato con Bossetti è «assolutamente affidabile», così com’è «caratterizzato per un elevato numero di marcatori Str e verificato mediante una pluralità di analisi eseguite nel rispetto dei parametri elaborati dalla comunità scientifica internazionale».

I giudici sgomberano il campo anche dai dubbi della difesa sulla mancata corrispondenza tra il Dna nucleare e quello mitocondriale nella traccia trovata sugli slip e sui leggins che indossava Yara, un cavallo di battaglia dei legali che, sulla scorta di questo, aveva ipotizzato la presenza di un Ignoto 2: tutti i consulenti hanno chiarito che il Dna mitocondriale non individua un singolo individuo ma l’intera linea materlineare e «avendo disposizione il Dna nucleare, la ricerca a fini identificativi è inutile». Sull’insegnante della ragazza, il cui Dna fu trovato sulla manica del giubbotto di Yara è «in una posizione non paragonabile a quella dell’imputato» e le indagini a suo carico non hanno portato a nulla. I difensori di Bossetti hanno annunciato ricorso in appello. 

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