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Violenze in carcere, Cartabia: «Tradita la Costituzione»

L’ira della ministra per i fatti del 6 aprile 2020 a S. Maria Capua Vetere «Rimuovere le cause»
Ministra della Giustizia Marta Cartabia
Ministra della Giustizia Marta Cartabia
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Saranno tutti sospesi i 52 agenti della Polizia Penitenziaria coinvolti nell’«orribile mattanza», come l’ha definita il gip, avvenuta la sera del 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Non solo. Il Dap sta valutando ulteriori provvedimenti per gli altri poliziotti.

Il ministro della Giustizia Marta Cartabia ha definito «un tradimento della Costituzione» quanto accaduto e chiesto approfondimenti sull’intera catena di responsabilità, esprimendo ferma condanna insieme con il capo del Dap, Bernardo Petralia.

Il tutto mentre dagli atti - oltre al video con le botte e le umiliazioni che ha scioccato molti italiani - spunta anche un altro filmato che documenta le percosse inflitte a un giovane detenuto straniero, malato, morto 28 giorni dopo le violenze. Per Cartabia «di fronte a fatti di una tale gravità non basta una condanna a parole. Occorre attivarsi per comprenderne e rimuoverne le cause, perché fatti così non si ripetano».

Tra i video agli atti dell’inchiesta figura anche quello che ha documentato le violenze inflitte ad un 27enne detenuto algerino affetto da schizofrenia trovato morto in cella il 4 maggio 2020. Lì c’era finito a colpi di manganello trascinato per la maglia, la sera della «perquisizione straordinaria» disposta dopo le proteste del giorno precedente. L’uomo figurava tra i 15 carcerati del reparto Nilo classificati come pericolosi. La sua morte fu, per il procuratore Maria Antonietta Troncone, frutto delle violenze subìte quasi un mese prima. Un’ipotesi non sposata dal gip che ha classificato quel decesso come suicidio. Il giovane assumeva oppiacei, neurolettici e benzodiazepine che gli infermieri gli somministravano affidandosi «a un’inopportuna autogestione terapeutica».

Ma in isolamento la somministrazione dei farmaci subì un arresto e lui non faceva altro che lamentarsi, e chiedere aiuto. Era dolorante, alle costole, alle gambe ma soprattutto al capo. Durante il trasferimento sferrò un pugno a uno degli agenti scatenandone la reazione: gli schiacciarono la testa contro il pavimento e, a colpi di bastone venne trascinato in reparto. In cella, per 3-4 giorni, è rimasto su un letto spoglio senza parlare, lo stesso sul quale la mattina del 4 maggio è stato trovato senza vita. «Aveva sempre dolore alla testa e vomitava sangue», hanno riferito i detenuti ai pm. Ad ammazzarlo sarebbe stata una quantità tossica di farmaci.

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