Italia e Estero

Renzi: «Dall’imprenditoria ai migranti, Brescia ha tanto da insegnare al governo»

Il leader di Italia Viva in Senegal per tenere a battesimo il polo logistico realizzato e gestito da Germani
Matteo Renzi, leader di Italia Viva - Foto Ansa/Ciro Fusco © www.giornaledibrescia.it
Matteo Renzi, leader di Italia Viva - Foto Ansa/Ciro Fusco © www.giornaledibrescia.it
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«Giorgia Meloni deve andare a lezione da Mauro Ferrari. Con lui il nuovo Piano Mattei è già pratica». Il senatore Matteo Renzi, leader di Italia Viva - in Senegal per tenere a battesimo il principale polo logistico del Paese realizzato e gestito dal patron della bresciana Germani, primo e fino ad ora unico imprenditore italiano che ha investito a Dakar - non perde l’occasione per parlare della politica di casa. E di quanto sia lenta, se non cieca.

Anche sul piano internazionale. «Vede - spiega - quando la premier Meloni ci disse di volere un nuovo Piano Mattei noi applaudimmo: Brava! Riprendere il nome di un italiano del quale andare fieri per rilanciare l’idea di aiutare l’Africa e gli africani a casa loro è cosa buona e giusta. Ma venti giorni fa dal Mozambico abbiamo scoperto che deve ancora scriverlo, questo piano. Insomma, ottima intuizione mediatica ma ancora a zero rilievo concreto».

Per questo suggerisce alla premier Giorgia Meloni di venire «a scuola» a Brescia?

«Visitare Brescia male non le fa. Anzi. Qui può toccare con mano le questioni dell’economia, parlare con imprenditori, i lavoratori e magari anche gli immigrati, che non vanno rinchiusi in centri di detenzione ma semmai di formazione per imparare l’italiano e un mestiere. Quello dell’aiutare gli africani a casa loro è uno slogan giusto ed efficace, ma va anche messo in pratica. Questo governo non fa danni, come preventivavano i catastrofisti, ma non fa neanche passi avanti, manca di orizzonte. Diciamo che bisogna volare alto, ma qui si sta andando rasoterra: ho visto una legge di bilancio di basso profilo. In questo Paese l’ultima vera riforma organica al servizio dell’impresa è stata la nostra. E dobbiamo tornare al 2015-2016. Da un governo di destra oggettivamente ci si aspetterebbe qualcosa di più. Tanti slogan ma non c’è ancora nulla capace di fare la differenza».

E alla minoranza cosa rimprovera?

«Nulla perché la minoranza non esiste. Elly Schlein è la migliore amica di Giorgia Meloni. Quando un partito, che ambisce a rappresentare i ceti produttivi e che ha fatto delle riforme importanti sul tema del lavoro, decide di fare la sesta stella, non capisco come persone serie e capaci come i sindaci Emilio Del Bono e Giorgio Gori possano continuare a restare in un partito che prometteva di stare al fianco del mondo del lavoro e diventa invece la brutta copia dei grillini».

E dell’elezione diretta del presidente del Consiglio cosa ne pensa?

«Credo sia una cosa buona. È il sindaco dell’Italia. Tu scegli il sindaco del tuo comune, scegli il presidente della tua regione, non vedo perché tu non debba scegliere anche il presidente del Consiglio del tuo Paese. Mi sembra però che la stiano complicando. Non si capisce che legge elettorale fanno; non si capisce neppure la questione della sfiducia: se eleggi Meloni prendi Meloni, non è che poi ti ritrovi Lollobrigida, tanto per fare un cognome. E poi questa battaglia sui senatori a vita, come fosse una priorità: si può discutere di tutto, per carità, ma io oggi sono in Senato e a dirla tutta preferisco avere Liliana Segre che Claudio Lotito».

E Matteo Renzi, «da grande» cosa farà?

«So quello che faccio ora: consolidare il progetto di Italia Viva. E per il giugno del 2024 mi candido alle Europee nel collegio nord ovest, quindi anche a Brescia. La mia idea è molto semplice: so di non essere simpatico a qualcuno, ma in Europa bisogna mandarci chi sa rappresentare il Paese. E io sono disponibile. Molto si giocherà in Lombardia, e noi puntiamo a superare il 5%. Se ci riusciamo, saremo decisivi in Europa».

Si sente già in campagna elettorale?

«Per ora mi sono goduto questo viaggio in Senegal. L’avevo promesso nel maggio di due anni fa a Ferrari e al presidente Sall, due amici. Se portate a casa questo progetto di cooperazione, vengo a festeggiare con voi. È una gran cosa: escludendo la Francia e la sua politica coloniale, l’Europa in Africa si è fatta una dormita colossale. Non ha mosso palla. L’Italia pure, con rare eccezioni come l’Eni. Mauro Ferrari segna un cambio di passo e diventa apripista. Nel suo piccolo sta provando a farlo, questo Piano Mattei. Questo traguardo può, deve essere un nuovo punto di partenza. Chi investe di tasca propria per aiutare gli africani a casa loro non va lasciato solo».

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