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La Lombardia ha presentato il ricorso al Tar contro la zona rossa

La Regione contesta l'ordinanza di Speranza, ma anche i criteri adottati dal Governo nel Dpcm del 14 gennaio 2021
Un passante davanti a Palazzo Lombardia - Foto Ansa/Daniel Dal Zennnaro  © www.giornaledibrescia.it
Un passante davanti a Palazzo Lombardia - Foto Ansa/Daniel Dal Zennnaro © www.giornaledibrescia.it
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La Lombardia chiede con il suo ricorso al Tar annunciato nei giorni scorsi da Fontana di annullare, anche con un decreto presidenziale, l'ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza del 14 gennaio con cui la Regione è stata inserita in zona rossa per contrastare la diffusione del coronavirus e anche il Dpcm del 14 gennaio 2021 nella parte in cui definisce i criteri per la classificazione di zona arancione e zona rossa così come il Decreto Ministeriale 30 aprile 2020 sul monitoraggio «e di ogni altro atto ad essi presupposto, conseguente o comunque coordinato o connesso». 

L'udienza del giudice monocratico è stata fissata per domani, giovedì 21 gennaio, alle 12.

Una delle osservazioni sollevate dalla Regione è infatti che «incredibilmente, nell'ambito di tale valutazione di rischio, il dato dell'incidenza settimanale (ossia del numero di nuovi contagi ogni 100.000 abitanti) - che è fortemente indicativo della progressione dell'epidemia in quanto restituisce un'idea del numero di possibili vettori di infezione che prescinde dal dato dei sintomatici e che permette di effettuare una prognosi veritiera sulla pressione cui il sistema sanitario sarà sottoposto nelle settimane successive - non assume alcun rilievo o, comunque, assume un rilievo del tutto recessivo rispetto all'indice di trasmissibilità R(t)».

«Tale misura, che incide in modo indifferenziato su un tessuto economico già duramente provato dai provvedimenti emergenziali adottati nell'ultimo anno» - prosegue l'atto di 23 pagine - «oltre a non apparire proporzionata rispetto alla effettiva situazione sanitaria ed epidemiologica del territorio lombardo, origina un pregiudizio irreparabile (forse, considerate le peculiarità del caso, sarebbe più corretto dire non ristorabile)». La richiesta al giudice amministrativo, dunque, è «l'abbreviazione dei termini processuali nella misura massima possibile». «Il regime temporale proprio del provvedimento impugnato, che ne circoscrive gli effetti dal giorno 17 e sino al giorno 31 gennaio p.v. impone infatti una valutazione cautelare immediata». 

«Si è certo consapevoli che la mera sospensione cautelare dell'efficacia del provvedimento impugnato creerebbe un vuoto regolamentare: un vuoto che non solo risulterebbe inidoneo a garantire la piena soddisfazione degli interessi qui dedotti, ma che risulterebbe anche assolutamente incompatibile con l'emergenza epidemiologica in atto», precisa la Regione in un passaggio del ricorso.

«Proprio in considerazione della peculiarità del caso sottoposto all'attenzione del Collegio - prosegue il testo - l'istanza cautelare viene dunque declinata anche nelle forme del remand, sollecitando un provvedimento di natura propulsiva che imponga al Ministero della Salute una tempestiva e rinnovata valutazione dei dati epidemiologici informata a canoni di adeguatezza, proporzionalità e, in ultima analisi, di legittimità». 

 

 

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