Italia e Estero

Talebani, gli «studenti» crudeli che fan comodo al Pakistan

Ragioni strategiche e psicologiche: Islamabad da sempre sostiene gli estremisti islamici
Un gruppo di talebani - Foto Ansa/Epa/Fayyaz Ahmad © www.giornaledibrescia.it
Un gruppo di talebani - Foto Ansa/Epa/Fayyaz Ahmad © www.giornaledibrescia.it
AA

I soldati degli Stati Uniti e della Nato si ritirano e l’Afghanistan sta per cadere in mano ai talebani, come è già successo nel 1996. Il nome significa «studenti coranici». I loro modi di governo, sperimentati 25 anni fa, sono crudeli, disumani e, spesso, assurdi: vietato ridere, vietato danzare, vietato mandare a scuola le ragazze; cinema e televisione proibiti per tutti; pene crudeli per un nonnulla ed eseguite in pubblico, e molto altro.

I talebani sono profondamente radicati nell’aspra cultura tribale dell’etnia pashtun, che coinvolge il 35% della popolazione dell’Afghanistan e il 40% di quella del Pakistan e si estende a cavallo dei due paesi, in una vasta area ridefinita, non a caso, «pashtun-stan». La loro educazione è ispirata al rigido wahabismo saudita (e al ferreo deobandismo indiano) ed è largamente finanziata da Riyad. Sono temibili, eppure costituiscono un fenomeno recente: prima del 1994 nessuno sapeva che esistessero. Un fatto è assodato: senza il sostegno del Pakistan, probabilmente, non sarebbero neanche nati. Inizialmente, erano ragazzi afghani pashtun, orfani di guerriglieri afghani, educati nelle madrase della pachistana Quetta. Entrarono in campo comandati dal «mitico» Mullah Omar.

Paradossalmente, la chiave di soluzione del «problema talebano» sta a Islamabad più che a Kabul e attiene all’irrisolto rapporto tra Pakistan e India. L’assunto è semplice. Fin dalla sua nascita, nel 1947, il Pakistan è certo che, prima o poi, l’India lo invaderà. Il problema non è «se», ma «quando». È un’ossessione irrazionale, ma pervasiva che, da 74 anni, attanaglia la classe politica, militare e, soprattutto, i servizi segreti del «Paese dei Puri» (questo significa Pakistan: «puri» nel senso di «veri musulmani»). Il problema da «psicanalitico» diventa subito strategico. Il Pakistan è una striscia di terra relativamente stretta, a cavallo del fiume Indo. Se l’esercito indiano dovesse «sfondare», dove potrebbero riparare le truppe pakistane? Quale potrebbe essere il loro «retroterra strategico»? La risposta sta nella carta geografica: l’Afghanistan.

Sia per contiguità geografica sia per «identità» etnica tra i due paesi («pashtun-stan»). C’è un corollario molto importante: affinché questa strategia regga occorre che l’Afghanistan resti un paese debole, in modo da essere gestito da remoto (dal Pakistan). Detto altrimenti: Islamabad ha tutto l’interesse a far sì che a Kabul ci sia un governo amico oppure molto fragile. A questo servono i talebani: a mantenere il potere centrale afghano instabile e, dunque, manovrabile, oppure che siano loro stessi a gestirlo.

Fin dalla loro nascita, nel 1994, i talebani sono foraggiati e protetti dai servizi segreti e dall’esercito del Pakistan, come documentato dall’eccellente libro-inchiesta «Talebani», del giornalista pakistano, Ahmed Rashid (edito nel 2002). I talebani arrivarono al potere nel 1996 e ci restarono fino al 2001. Dopo la sconfitta, avvenuta in quello stesso anno ad opera degli americani e della Nato, gli «studenti coranici» avrebbero (forse) potuto essere arginati se gli Stati Uniti avessero fatto pressioni su Islamabad, magari sospendendo il contributo annuale di 2/3 miliardi di dollari, che Washington ha sempre versato ai generali pachistani (solo Donald Trump lo ha sospeso, nel 2018).

Il fatto è che il Pakistan serviva averlo amico per non consegnarlo alla Cina. Calcolo di corto respiro, perché la Cina, a Islamabad, ci è arrivata lo stesso, anzi, grazie alla «trappola del debito», è diventata padrona del Paese, mentre i talebani si sono risollevati e hanno riconquistato tutte le posizioni perdute in Afghanistan (sempre teleguidati dai servizi segreti pakistani, campioni di doppi e tripli giochi) In Afghanistan, quello dei talebani costituirà un problema ancora per diverso tempo. Fino a quando il Pakistan non avrà risolto il suo «psico-problema», tutto ideologico, con l’India, Kabul è destinata a restare sotto schiaffo.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato