Oms e piano pandemico: «Voglio risposte alle morti per Covid-19»

Sono i giorni del braccio di ferro. La magistratura che chiede di conoscere la verità e l'Oms che prova a farsi scudo con l'immunità diplomatica. «Abbiamo scritto al ministro Di Maio e aspettiamo che la Farnesina ci dica che fare» ammette Antonio Chiappani. Il magistrato bresciano di Orzinuovi è a capo della Procura di Bergamo da settembre e ha gli occhi dell'Italia intera puntati. Dai suoi uffici passa l'indagine più importante sulla gestione della prima ondata di Covid. Che ha travolto la Lombardia e soprattutto il territorio di Bergamo e Brescia. Zona rossa che non c'è stata, ospedale di Alzano chiuso e riaperto, piani pandemici veri o falsi.
Il Giornale di Brescia il 10 settembre ha caricato online il documento su come l'Italia ha gestito i primi mesi dell'emergenza, lo stesso che a maggio era sparito dopo sole 24 ore dal sito dell'Oms. Un report, reso pubblico dal comitato Noi denunceremo, che evidenziava come «L'Italia non era del tutto impreparata a un'epidemia quando arrivarono i primi bollettini d'informazione dalla Cina». Una conferma di quanto sostenuto dal generale in congedo Pier Paolo Lunelli, di cui il GdB aveva in anteprima nazionale diffuso il dossier choc, poi consegnato alla magistratura.
Procuratore Chiappani, a che punto sono le indagini? «Non vorrei che si pensasse che la Procura di Bergamo voglia entrare negli equilibri politici e diplomatici. Niente di tutto questo, io voglio rimanere legato all'indagine. Il mio problema sono i morti. Le 3100 vittime di Covid e gli oltre 21mila contagiati nella prima ondata. Attualmente abbiamo persone iscritte nel registro degli indagati solo per il filone relativo all'ospedale di Alzano».
Sulla zona rossa mai istituita, di chi era invece la competenza. Del Governo o della Regione? «La competenza era di tutti. Anche il sindaco di Alzano avrebbe potuto chiudere il paese anche se orami l’intera Lombardia in quel momento di marzo era già compromessa. Il problema vero è stato l'ospedale di Alzano. Caso che scoppia il 23 febbraio, il giorno stesso di Codogno. E’ importante capire e far capire alla gente perchè è successo. Tutto o quasi ruota attorno al piano pandemico».
Eccoci al nodo di questi giorni: l'Italia aveva un piano pandemico o come sembra l'ultimo aggiornamento è datato 2006? «Sul sito dell'Istituto superiore di sanità c'è un piano pandemico del 2006, ma non sappiamo ancora se è stato aggiornato o se è stato solo modificato nella data e quindi se si è trattato di un finto aggiornamento. Dobbiamo poi capire se era funzionale al Covid e se quelle indicazioni sono state ottemperate».
Quindi ancora non siete riusciti a dare una risposta certa sul piano che l'Italia avrebbe dovuto utilizzare? «Io quel piano pandemico lo devo ancora avere. Non mi basta quello che scrivono i giornali. Per questo è in corso un'attività di acquisizione documentale per poter ottenere quell’atto, ma anche quello che l'Oms ha pubblicato e poi fatto sparire dal suo sito nell'arco di 24 ore».
Chi glielo deve consegnare? «Teoricamente l'Istituto superiore di Sanità e o il Ministero della Salute. Aspettiamo».
E arriviamo all'Organizzazione mondiale della sanità e al ruolo determinante in questa partita... «L'Oms dovrebbe essere sopra ogni parte. Dovrebbe. Nel rapporto che hanno ritirato dopo un giorno emergevano alcune magagne, ma sono aspetti che a noi interessano relativamente. A noi interessa vedere quei documenti e capire da loro».
E per questo è in corso un braccio di ferro con l'Oms… «Dopo le prime convocazioni per gli interrogatori in Procura c'è stata una risposta formale dell'Oms che attraverso il Ministero degli Esteri ha fatto sapere che loro hanno l'immunità diplomatica e quindi non possono essere citati. Li abbiamo richiamati a testimoniare tramite la Farnesina, anche se abbiamo dei dubbi che possano sfruttare l'immunità diplomatica: Ranieri Guerra sicuramente ha lo scudo perché è formalmente dirigente dell'Oms e lo abbiamo comunque sentito e non ha scelto l'immunità. Gli altri però sono ricercatori a contratto e aspettiamo che il Ministero ci dica come muoverci. Va interpretata una convezione dell'Onu del 1946. Ricordo però che l'immunità vale per la contestazione di un reato, ma non significa divieto di testimonianza».
Cosa vi ha detto Guerra nel suo lungo interrogatorio come persona informata sui fatti? «Non posso dire nulla. Il verbale è secretato».
Chi potrebbe dire tanto è Francesco Zambon, coordinatore dell'Ufficio regionale per l'Europa che ha firmato il famoso report sparito e che criticava la gestione italiana della pandemia… «Torniamo al tema immunità: lui è un funzionario dell'Oms, lo abbiamo ricitato per la terza volta e vediamo se potremo sentirlo».
Che tempi vi siete dati per chiudere le indagini? «Abbiamo già fatto una lunga attività. Sono informazioni che servono al nostro consulente, il virologo Andrea Crisanti, che dovrà dirci perché Bergamo ha avuto questa situazione che non è stata arginata. Al consulente abbiamo chiesto di valutare tutti i comportamenti tenuti in merito alla mancata zona rossa e alla chiusura-riapertura dell'ospedale di Alzano. Crisanti ha chiesto più tempo e abbiamo già prorogato le indagini. Per capire le dinamiche e avere certezze serve ancora tempo. Sia chiaro: la nostra non è un'inchiesta politica. Cerchiano risposte sul perchè la pandemia ha travolto questa parte di Lombardia. La gente vuole a tutti i costi il colpevole, ma ci sono delle regole: ricordiamo che serve che ci sia un nesso di causalità tra i comportamenti delle persone e gli effetti. Arriveremo alla verità».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
