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Tech4Lib, l’Università di Brescia inventa una nuova metodologia per il riciclo delle batterie

Permette di estrarre litio e altri elementi chimici sfruttando le microonde e gli acidi degli alimenti
La docente e ricercatrice dell'Università di Brescia Elza Bontempi - © www.giornaledibrescia.it
La docente e ricercatrice dell'Università di Brescia Elza Bontempi - © www.giornaledibrescia.it
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Un pezzo di futuro dell’Europa potrebbe dipendere da un forno a microonde e da un po’ di scarti alimentari. L’Università di Brescia ha infatti sviluppato un progetto che permette di recuperare litio, cobalto, manganese e nichel, elementi alla base del funzionamento delle batterie ricaricabili, partendo proprio da quelle arrivate a fine vita. E lo fa utilizzando il riscaldamento delle microonde e dall’azione chimica degli acidi di origine alimentare come quello della mela o del limone.

Per capire la portata di questa invenzione occorre però fare un passo indietro. Dispositivi come le batterie ricaricabili, i pannelli solari, le turbine eoliche e la fibra ottica hanno una cosa in comune: sono costruiti impiegando le cosiddette «terre rare», dette così anche perché la loro estrazione è un processo complicato e molto inquinante. Le terre rare sono fondamentali per lo sviluppo di tecnologia legata alla transizione ecologica, di conseguenza la loro richiesta in tutto il mondo è drasticamente in crescita: si stima che entro il 2050 aumenterà del 500%, con una richiesta annuale di 3 miliardi di tonnellate.

Intorno alla produzione di terre rare ci sono perciò forti interessi economici e politici: il monopolio è in mano alla Cina che da sola possiede il 38% dei giacimenti mondiali. Questo rende l’Europa e l’Italia, povere di giacimenti, totalmente dipendenti dalle importazioni. Si muove quindi in questa direzione il «Critical Raw Material Act» europeo, pacchetto di misure che fissa nuovi standard sull’impiego di materiali rari. In particolare, almeno il 15% delle materie prime critiche consumate in Ue dovrà arrivare da riciclo.

Almeno il 90%

Ed è su questo punto che Tech4Lib, questo il nome del progetto e della metodologia dell’UniBs, può rivelarsi utile: «Permette di recuperare almeno il 90% del litio e del cobalto impiegati in una batteria - spiega Elza Bontempi, docente e coordinatrice del Laboratorio di chimica per le tecnologie dell’UniBS che ha inventato il metodo Tech4Lib -. Il processo di riciclo parte dalla “black mass”, cioè una massa di batterie macerate. Per separare i materiali riciclabili, i metodi attuali prevedono l’uso di forni che scaldano fino a un migliaio di gradi e acidi aggressivi, con grande dispendio di energia e il problema dello smaltimento delle scorie chimiche. Tutto questo per ottenere solamente circa l’1% di litio».

«Grazie al riscaldamento con microonde e l’uso di acidi di origine alimentare - continua Bontempi -,Tech4Lib è non solo più efficiente ma anche più sostenibile ed ecologico». La presenza di grafite nell’anodo delle batterie ha fatto da perno all’intuizione: «Si scalda facilmente. Il calore riduce gli altri materiali in ioni più semplici - precisa la docente -: lo iodio, solubile in acqua, viene isolato lavando il composto. Infine il trattamento agli acidi recupera gli altri elementi».

Tech4Lib è stato creato dal team guidato da Bontempi, un gruppo multidisciplinare di ricercatori provenienti dalla chimica, dalle biotecnologie e dall’ingegneria, in collaborazione con l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria. E ha già ricevuto un importante riconoscimento europeo vincendo la competizione di settore EIT Raw Materials. «Grazie al finanziamento da parte della Fondazione Cariplo - dice Bontempi -, e la borsa di dottorato finanziata dall’hub bresciano Csmt, ora puntiamo a industrializzare il progetto. Vogliamo mettere a punto il primo forno industriale che usa questa tecnologia».

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