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«Le start up spesso sono un mito: prima passate in azienda»

Parla Giancarlo Turati (fondatore di Fasternet): ecco i suoi consigli a neoperiti e ingegneri
Impresa 4.0, nuove frontiere per la produzione - © www.giornaledibrescia.it
Impresa 4.0, nuove frontiere per la produzione - © www.giornaledibrescia.it
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Dove stiamo andando? Ma poteva essere anche il «cosa c’è dietro l’angolo?» che apriva - è quasi preistoria - lo show di Maurizio Costanzo. Chiacchiere, riflessioni e anche divagazioni con chi vive in qualche modo da protagonista questa nuova fase del mondo. The Game, per citare il libro di Baricco (che merita).

Giancarlo Turati apre la serie. Imprenditore, fondatore di Fasternet, animatore della vita associativa (in Aib, oggi più su Roma dove è vice presidente nazionale della Piccola di Confindustria). Un po’ di quadro generale, un po’ di riflessione locale.

Che aria tira, dico qui a Brescia, ma anche a Roma e quindi al livello nazionale?

«I dati dicono che Brescia ha superato la crisi. Ci abbiamo messo 10 anni. Era difficile immaginare servisse tanto tempo. Ma così è stato. La produzione e l’export bresciani sono tornati sopra quei livelli. Speriamo di restarci e di incrementarli».

La Merkel, un po’ di anni fa, alla domanda se la crisi fosse superata (e non lo era a quel tempo, neppure per la Germania) rispose che la crisi sarebbe stata superata quando i posti di lavoro persi fossero stati recuperati. Loro, adesso, anche da questo punto di vista, la crisi l’hanno davvero alle spalle...

Giancarlo Turati, fondatore di Fasternet, oggi è vice presidente nazionale dei Piccoli di Confindustria - © www.giornaledibrescia.it
Giancarlo Turati, fondatore di Fasternet, oggi è vice presidente nazionale dei Piccoli di Confindustria - © www.giornaledibrescia.it

«Questo è un po’ vero. Qui dobbiamo ancora recuperare. Ma nel frattempo è cambiato mezzo mondo. È la qualità, la tipologia di personale che le aziende cercano e non trovano. Serve gente qualificata e non si trova. Vale per Brescia e vale per mezza Italia». 

È un discorso che torna spesso. Detto che non c’è personale qualificato, che si può fare?

«Le indagini Excelsior-Unioncamere dicono che in Italia mancano 250 mila figure professionali. A Brescia le aziende cercano centinaia di ingegneri e migliaia di periti. Non si trovano. E’ un pesante limite allo sviluppo».

Ripeto: che si può fare? Immaginare di «importarli» dal Sud, come qualche azienda sta facendo?

«Questa è una strada. Ma qualche azienda sta traslocando al Sud. Noi, come Aib, lo scorso anno abbiamo promosso l’avvio dell’Its ad indirizzo meccatronico a Lonato. Ma servirebbe molto altro. Si è tentato di far partire un Its informatico ma, a quanto mi risulta, le iscrizioni erano poche. Bisogna lavorare su famiglie e ragazzi. Certo: l’Its dovrebbe anche poter avere in dote qualche credito per chi - poi - volesse iscriversi ad Ingegneria. Vedremo. Io però vorrei aggiungere, a proposito di ragazzi, una riflessione sulle cosiddette startup: attenzione».

Come attenzione? Le nuove imprese - le startup, appunto - sono una delle nostre risorse, l’intraprendenza italiana che dagli scantinati parte e arriva in mezzo mondo...

«Spesso ci innamoriamo dei miti. Le startup in molti casi sono falsi miti. Tutti siamo contenti quando nascono, pochi sanno quando muoiono.E la mortalità è alta».

Non mi pare un gran modo di incoraggiare a mettersi in proprio, a rischiare, a scommettere su quel che si è imparato. Una bella e sana voglia di diventare imprenditori. In fondo è capitato anche a lei...

«Non scoraggio nessuno. Dico solo: attenzione. E mi spiego: il consiglio che posso dare ad un ragazzo, perito o neoingegnere che sia, è di entrare in un’azienda. Di imparare i fondamentali, di capire le dinamiche stano dentro un’impresa, di capire le logiche, i problemi e le opportunità che un’azienda presenta. Dopo di che, naturalmente, se uno vuol mettersi in proprio tanti applausi e incoraggiamenti. Ma prima - mi ripeto - un po’ di basi. Il mio percorso, per quel che vale, è stato così: prima in azienda come dipendente, poi in proprio. Far partire un’azienda non può essere una lotteria: o la va o la spacca...».

Cambio di prospettiva. Il dove stiamo andando per davvero, in senso più allargato: immersi o sommersi dalla tecnologia?

«Speriamo solo immersi anche se qualche cattivo segnale c’è».

Intende dire che rischiamo di essere sommersi?

«Be', qualche preoccupazione dovremmo averla tutti. Il rischio di avere poche aziende che controllano il mondo non è poi così campato per aria. Amazon dice cosa compri, Googole dove vai, Youtube dice i tuoi gusti, Facebook o Instagram con chi hai rapporti, Microsoft controlla il mondo dei macchinari... È una sorta di rete mondiale. Se non siamo al Grande Fratello manca poco».

Non pensavo fosse così pessimista...

«Non sono pessimista, anzi. Sono solo preoccupato. Tutti dovremmo esserlo. Troppo potere nelle mani di pochissimi. Rischiamo. Servirebbe un intervento alto e possente della politica, dell’Europa e degli States. Ma per ora la vedo spessa da questo punto di vista. E’ invece chiara la direzione in cui sta andando l’industria, il lavoro, direi il Mondo nella sua globalità: sarà la tecnologia a far girare le cose».

Adesso arriva anche la rete 5G. Tutto più veloce.

«Sì, anche se incontro aziende che ancora non hanno il 4G, anche a Brescia. erò è vero: tutto sarà più veloce.Sarà il trionfo dell’Iot, l’internet delle cose. Qualcosa c’è già, ma si arriverà alla diffusione di massa. Tutto, ma proprio tutto, sarà telecontrollabile (frigo, il forno, l’auto). Poi ci sarà una diffusione dell’A.I, l’Intelligenza Artificiale: medici che saranno guidati nelle loro scelte dal computer, per esempio. Avremo sempre più machine learning, macchine che imparano dalle macchine. Si diffonderà sempre più quello che è il cosiddetto pay use, si paga per l’uso. Oggi da noi vale per l’auto a noleggio, ma negli Usa ormai ci sono società che ti noleggiano i vestiti per tutti i giorni. Un mondo nuovo con qualche inconveniente».

Sì, immaginavo non fosse tutto oro splendente...

«Il problema è quello che accennavo sopra: il controllo e la sicurezza. In un tripudio di dati sarà sempre più fondamentale avere la certezza che il dato è attendibile e integro, che è sicuro e affidabile. La vera sfida io la vedo qui: sulla sicurezza del dato e sulla affidabilità del dato stesso. Il rischio può andare da una macchina che non va come dovrebbe, a molto altro di ben più inquietante: dai furti di dati, di identità, dai ricatti a persone ed aziende a inquinamenti dentro la vita democratica. È il rovescio della medaglia...».

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