Cer, Torri: «Qualità dei pannelli per un ritorno degli investimenti»

Quanto è importante, oggi, che un impianto fotovoltaico duri davvero 30 anni? Che continui a produrre energia in modo sicuro, efficiente, affidabile? È una domanda semplice, ma spesso trascurata in un mercato che guarda troppo all’efficienza iniziale e troppo poco alla durata reale. Eppure, i dati parlano chiaro. Secondo Clean Energy Associates, il 76% degli impianti fotovoltaici ispezionati presenta microfratture nelle celle al silicio. Sono danni invisibili a occhio nudo, ma molto concreti: causano hotspot, cali di rendimento e, nei casi peggiori, rischio incendio. E il 93% degli impianti analizzati mostra almeno un problema grave di sicurezza.
Le cause
Perché accade? Perché il mercato ha corso troppo veloce, o forse nella direzione sbagliata. La corsa al ribasso dei prezzi ha portato alla diffusione di pannelli fotovoltaici sempre più fragili: vetri frontali da 2 mm, cornici poco dense, materiali nuovi ma non testati sul lungo periodo. In alcuni impianti, il 50% dei pannelli ha smesso di produrre entro i primi 9 mesi, senza eventi meteorologici estremi. Anche i test standard non bastano. I moduli oggi in commercio superano i requisiti normativi, ma secondo il PV Module Index 2025, solo 6 pannelli su 45 hanno superato i test avanzati di stress meccanico, UV e grandine.
Questo vuol dire che oltre l’87% dei prodotti sul mercato potrebbe non essere pronto per affrontare 30 anni di lavoro. Le conseguenze sono reali: economiche, ambientali, reputazionali. Uno studio dell’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne dimostra che un tasso di degrado dell’1,5% all’anno può azzerare il ritorno economico di un impianto, cancellando anche il beneficio ambientale del fotovoltaico. Ho scelto da anni un’altra strada: quella di assemblare pannelli fotovoltaici di ultima generazione con focus sulla robustezza e sicurezza. Con la tecnologia Prisma 4.0 utilizziamo vetro prismatico temperato da 4 mm, polimeri Poe e processo di incapsulamento avanzato del circuito.
Soluzioni
I moduli resistono a carichi estremi e a grandine di grande diametro, con prestazioni al 87,4% dopo 30 anni. Ma non è solo una questione di prodotti. È anche una questione di sistema. Oggi le Comunità Energetiche Rinnovabili sono chiamate a diventare un motore di sviluppo per i territori. Hanno l’efficienza della rete nel Dna, perché nascono all’interno della stessa cabina primaria, e possono autoregolarsi valorizzando le peculiarità locali.
Ma proprio per questo non possiamo permetterci di creare sistemi virtuosi come le Cer e poi inciampare in problemi tecnici di produzione o gestione. Lo spunto che voglio offrire è semplice ma urgente: serve centralizzare anche la governance tecnica delle comunità energetiche, così come abbiamo imparato a centralizzare la visione progettuale e amministrativa. E serve farlo oggi, evitando la trappola dei prodotti cheap e delle scelte a breve termine.
Michele Torri, Founder e ceo di Torri Solare
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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