Garda

Volevano vendere l’Alfa Romeo di Gabriele D’Annunzio, chiesto il processo

Svalutavano le opere d’arte al fine di concedere ai privati che le possedevano l’attestato di libera circolazione
L'Alfa Romeo di D'Annunzio
L'Alfa Romeo di D'Annunzio
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Ci sono due mercati d’arte bresciani e la Alfa Romeo 6C 2300t del 1935 appartenuta a Gabriele D’Annunzio al centro dell’inchiesta della procura di Pisa sull’ufficio esportazione della Soprintendenza chiuso nel 2019.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i funzionari dell’ente svalutavano le opere d’arte al fine di concedere ai privati che le possedevano l’attestato di libera circolazione, concesso a opere di valore limitato, e finalizzato alla vendita senza il rispetto della prelazione concessa al ministero dei Beni culturali. Di questo attestato, oltre a numerose tele diventate d’improvviso di particolare valore, beneficiarono tra le altre anche una scultura del Canova e, appunto, l’Alfa del Vate, peraltro costruita in due soli esemplari.

Con l’accusa di abuso d’ufficio e falso in atto pubblico la procura pisana ha chiesto il rinvio a giudizio di 26 persone, tra antiquari, proprietari di opere d’arte, operatori di settore e funzionari della soprintendenza pisana, molti ora in pensione. Tra loro anche due commercianti bresciani: il 46enne D. M. e il 68enne G.G.

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