Garda

Pornostar uccisa, Mossoni condannato a 20 anni

La sentenza è stata emessa oggi dal giudice dell'udienza preliminare di Verona
La vittima Federica Giacomini, in arte Ginevra Hollander © www.giornaledibrescia.it
La vittima Federica Giacomini, in arte Ginevra Hollander © www.giornaledibrescia.it
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È stato condannato a venti anni di reclusione e dieci di misura di sicurezza a pena espiata Franco Mossoni, l'uomo di 56 anni, originario della Valcamonica, ma residente a Vicenza, accusato di aver ucciso la compagna Federica Giacomini e di aver cercato di occultare il cadavere inabissandolo dentro una cassa azzurra nel lago di Garda dopo aver affittato una barca fingendosi biologo marino.

La sentenza è stata emessa oggi dal giudice dell'udienza preliminare di Verona. Federica Giacomini, con un passato da attrice in film a sfondo sessuale, era scomparsa dalla sua abitazione nel gennaio dello scorso anno e i genitori avevano presentato una denuncia ai carabinieri di Desenzano. Dagli accertamenti era emerso che aveva affittato una casa a Vicenza in cui aveva abitato anche Mossoni.

Nella casa di Mossoni, con alle spalle una condanna per omicidio compiuto negli anni '80, la polizia aveva scoperto balestre, coltelli, indumenti intimi e documenti che facevano riferimento alla donna scomparsa. Era stato un cellulare, pagato da Federica Giacomini e donato a Mossoni, che aveva poi portato gli agenti della mobile a stringere il cerchio attorno all'uomo. Dai tabulati telefonici era emerso che l'uomo aveva cercato in più occasioni nei mesi invernali di mettersi in contatto con un barcaiolo di Brenzone (Verona), fino a trovarne uno aperto.

A quest'ultimo, del tutto ignaro, Mossoni aveva fatto credere di essere un biologo marino incaricato di depositare sul fondo del Garda un congegno di rilevazione. In realtà, per l'accusa, era la cassa dove era stato deposto il cadavere della compagna; una bara in plastica camuffata con pulsanti e antenne per darle una parvenza tecnologica.

La cassa era stata ripescata il 17 giugno a Castelletto di Brenzone e l'autopsia aveva accertato che i resti umani all'interno appartenevano alla donna scomparsa. A ucciderla violenti colpi alla testa. A scatenare la furia omicida «il deterioramento dei rapporti affettivi e di convivenza» come aveva scritto in un ordinanza di custodia cautelate il Gip di Verona Rita Caccamo.


 

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