Cegna: «L’Europa deve garantire i diritti e favorire la convivenza pacifica dei popoli»

Originario della provincia di Varese, ma a Brescia da otto anni. Andrea Cegna ha quarantuno anni, collabora con diverse realtà editoriali come giornalista ed è un lavoratore dello spettacolo. Da anni è attivo nella politica di movimento e nei centri sociali e adesso ha deciso di candidarsi da indipendente nella lista Alleanza Verdi e Sinistra per le prossime elezioni Europee.
Com’è maturata l’idea di questa candidatura?
Ci sono tre motivi alla base. Negli anni del Covid ho contribuito ad alimentare i gruppi e le realtà che combattevano per tutelare i diritti dei lavoratori dello spettacolo: in quel momento mi sono scontrato con l’incapacità della politica istituzionale di accogliere e capire le questioni legate a questo mondo, specialmente le esigenze della mia generazione e in generale la questione della precarietà. Ho deciso poi di concorrere alla liberazione di Ilaria Salis e, infine, non riuscendo quest’anno a militare nei gruppi di base come ho sempre fatto, vorrei restituire un po’ di visibilità agli ambienti in cui ho operato.
Quanto è importante oggi ritrovare i diritti o garantire di nuovi in Europa?
Il mio motto è «Diritti in Europa». È un tema centrale. Ci sono delle questioni, come il diritto all’aborto, che non solo va ribadito, ma va definitivamente vincolato alla Costituzione europea per garantirlo in tutti i Paesi in modo libero, gratuito e sicuro. Non ci si deve poi dimenticare dei diritti che assicurano una giustizia sociale: oggi credo che un diritto inalienabile sia quello del reddito ed è quindi necessario trovare forme di ridistribuzione di ricchezza che combattano la povertà e non i poveri. Fondamentale è il diritto all’abitare, ma è centrale anche il riconoscimento di pari diritti ai figli delle coppie omosessuali.
Cosa manca adesso al Parlamento europeo?
Mancano persone vicine alla realtà che si vive tutti i giorni, attente alle mancanze sociali. E serve che si costituiscano finalmente dei veri Stati uniti d’Europa, abbandonando l’idea di una mera unione economica. Si è definito un militante di base e che sarà difficile entrare nell’élite.
Proverà a combattere il sistema dall’interno?
La questione è diversa. Mi sono scontrato con una difficoltà materiale: esiste la par condicio, ma chi ha la possibilità può comprare degli spazi pubblicitari. Questo dimostra perché a volte non c’è ricambio dentro la politica. Credo sia giusto far capire che difficoltà incontra una persona come me in una campagna elettorale.
Che visione ha della guerra in Ucraina e a Gaza?
Innanzitutto credo che quella in Palestina non sia una guerra: c’è un’occupazione militare che va avanti da oltre 70 anni e in questo periodo è in atto lo sterminio di una popolazione, al quale si oppone una forma di resistenza. In Ucraina c’è un conflitto complesso, che deve terminare con la fine dell’occupazione russa. L’Europa deve riconoscere lo Stato di Palestina e potrebbe bloccare l’azione russa sedendosi a un tavolo di trattative. Esiste però una questione alla base: finché si ragionerà sulla difesa dei privilegi e sul primato di alcune popolazioni sulle altre ci saranno sempre guerre. Serve un processo di convivenza pacifica, che metta al centro gli individui e non gli interessi economici.
Serve un nuovo paradigma anche per la crisi climatica?
Assolutamente sì. La prima cosa che va messa in discussione è la modalità di vita che abbiamo e che determina lo sfruttamento delle risorse. Al centro dev’esserci la tutela dell’esistenza di tutti, persone, animali e piante, nel rispetto degli equilibri e dei diritti.
Quanto è importante la candidatura di Ilaria Salis e cosa rappresenta in questo momento?
È molto importante. Attorno al processo di Ilaria Salis le destre stanno giocando una partita: cercano di delegittimare la protesta antifascista e di legittimare i raduni nazifascisti, basti pensare che non sono mai stati messi in discussioni i raduni che ogni 11 febbraio in Ungheria celebrano battaglioni nazisti e chiedono lo sterminio di popolazioni differenti a quelle bianche e occidentali. Inoltre le modalità con cui è rimasta carcerata fino a pochi giorni fa sono un violento attacco ai diritti umani. Sono un convinto garantista e per questo credo che le persone in carcere ci debbano stare il meno possibile, solo dopo processi giusti e condanne certe. Tutto questo a patto che i penitenziari esercitino la funzione per cui erano stati pensati originariamente, ossia quella educativa per il reinserimento nella società: non possono essere una discarica e nemmeno il luogo in cui mettere gli avversari politici.
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