Avanza: «Ora serve un’Europa politica, l’Italia deve tornare nei ruoli chiave»

Parla la capolista di Azione nel collegio Nord-Ovest: «Renew Europe è centrale, serve un metodo nuovo»
Caterina Avanza è capolista per Azione alle elezioni europee - Foto © www.giornaledibrescia.it
Caterina Avanza è capolista per Azione alle elezioni europee - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Caterina Avanza è co-capolista di Azione, insieme al leader Carlo Calenda, nel collegio Nord-Ovest per le Europee. Alle spalle ha anni di esperienza all’estero come manager, è stata nello staff di Emmanuel Macron e dal 2019 è consigliera politica al Parlamento europeo per il gruppo Renew Europe, dove segue in particolare la Commissione agricoltura.

Perché si è candidata?

Da tre anni sono in Azione e ho chiesto a Calenda di occuparmi di agricoltura e agroalimentare. Ho visto un sistema Italia che manca di influenza, contiamo meno di Lituania e Olanda. L’Italia schiera un personale politico che spesso non ha voglia di fare l’europarlamentare e il risultato è che abbiamo una presenza molto debole nelle Commissioni. C’è la necessità di avere rappresentanti in Renew Europe, che costituisce e costituirà la maggioranza. Il fatto di non avere avuto italiani in questo gruppo ha penalizzato molto il Paese: dobbiamo essere nelle Commissioni strategiche, ossia industria, ambiente, agricoltura, trasporti, economia.

Secondo lei i partiti italiani non prendono ancora sul serio l’istituzione Europa?

Rispetto agli altri Paesi, che schierano a Bruxelles il top della classe dirigente, abbiamo molti nomi mediatici, molti ex e spesso queste persone non hanno voglia di svolgere il lavoro tecnico e di costruzioni di reti. Se non si fa questo, non si incide. Io vorrei portare un metodo diverso di lavoro, come lo ha Azione.

Qual è questo metodo?

Siamo gli unici ad aver presentato un programma strutturato a partire dai dati: analizza le criticità, trova le soluzioni e i finanziamenti.

Quali sono le priorità dell’Europa dei prossimi cinque anni?

La prima è quella che ricordava Draghi, ossia evitare l’irrilevanza. Noi oggi con il solo concetto dell’Europa delle nazioni, degli egoismi nazionali e della concorrenza fra di noi stiamo rischiando. La realtà è molto diversa: abbiamo il conflitto Usa-Cina e le potenze emergenti come l’India e il Brasile. Bisogna cambiare le regole: integrare di più, avere una politica industriale comune con piani di sviluppo a lungo termine. Abbiamo cercato di fare un’Europa economica, e in parte ci siamo riusciti, ora serve anche un’Europa più politica.

Significa anche politiche comuni sull’immigrazione?

Assolutamente sì: il patto asilo-immigrazione è stato un primo passo. Ma bisogna ricordare che l’Europa non ha una competenza forte, per questo vanno rafforzate le competenze lì dove lo Stato-nazione non ce la fa: immigrazione, ambiente e salute. Poi, serve rafforzare le risorse, perché chiediamo all’Europa di fare molto ma senza dare né le prerogative né i soldi. Se abbiamo un’Europa che non funziona, si troverà sempre il sovranista che invoca più Italia e meno Europa, invece serve un’Europa forte per un’Italia forte.

Qual è la sua posizione sulla guerra in Ucraina?

Azione è sempre stata chiara: quella del Cremlino è un’aggressione, non a caso l’espansionismo russo era lo slogan della campagna di Putin. La libertà dell’Europa dipende anche da quanto noi riusciamo ad aiutare gli ucraini a resistere e a proteggere i confini dell’Unione. Noi diamo l’Europa per scontata, mentre ci sono persone in Georgia che rischiano la vita con la bandiera in mano in nome della democrazia e della libertà. C’è un modello che è solo europeo: solo qui esiste l’umanità al centro del progetto di società e politico, negli Stati Uniti quando sei malato ti chiedono la carta di credito, qui ti curano.

Serve un Commissario per la Difesa?

Sì, ma non solo: è necessaria una ristrutturazione generale della Commissione. Ha senso se l’industria si mette insieme e accomuna i mezzi di produzione, come fatto con il carbone e l’acciaio. Oggi abbiamo 27 budget della Difesa diversi, differenze sostanziali nella strategia di difesa, carri di assalto differenti e ridondanze mostruose che ci portano a spendere il doppio della Russia senza però essere in grado di difenderci. Serve anche un ministro dell’Economia: abbiamo una moneta senza bilancio.

Come si rende davvero green l’agricoltura?

Il problema che abbiamo avuto in questi cinque anni è stato il non metodo. Se si danno obiettivi irrealizzabili, il risultato è che si crea voto anti-europeo. L’esempio è l’iter fitofarmaci: anziché accelerare sulle alternative (dai biocontrolli alle tecniche genomiche) e poi redigere il regolamento, si è fatta prima la norma. Il risultato è che il Parlamento ha bocciato il regolamento. Se si fosse invertito il processo avremmo ottenuto un orizzonte al 2050 con un’agricoltura priva di fitofarmaci e pesticidi.

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